Consiglio non richiesto: guida tu il no green deal
Giovanni Sallusti · 17 Giugno 2024
Cari ascoltatori, questa sera ci sarà la prima grande cena strategica dei capi di Stato e di Governo a Bruxelles con i 27 Stati dell’Unione e comincerà la tessitura della tela sulle grandi nomine: il presidente del Consiglio europeo, l’alto rappresentante della politica estera e soprattutto il nuovo Presidente della Commissione europea, che noi vorremmo veramente nuovo, ma che potrebbe essere una riedizione del precedente o della precedente .
Ci permettiamo qui, da Radio Libertà, di dare un piccolo suggerimento strategico alla nostra premier, reduce dal successo del G7, quindi doppiamente rafforzata dopo la performance elettorale di Fratelli d’Italia, soprattutto dopo aver letto sui giornaloni editorialisti-soloni, ma anche analisti lucidi, sostenere che la presidente del Consiglio di un Paese fondatore non può trincerarsi in posizioni di principio, ma deve sporcarsi le mani in senso politico.
Non siamo ammattiti: pensiamo ancora che Giorgia Meloni e tutti i leader d’area dovrebbero partire dall’unità del centro-destra e stanare le contraddizioni altrui; ma se proprio si vuole partecipare al grande gioco trattativista dei popolari e dei socialisti che inizierà stasera a Bruxelles, ecco il nostro sommesso consiglio alla premier, metta sul tavolo una condizione sola: dica no al Green Deal ideologico, no alla transizione forzata, no alla follia che arriverà ad arrestare la produzione nel continente in nome di un feticcio, le emissioni zero, e del reazionario ripristino della natura. Insomma, ponga come condizione un no alla morte economica dell’Europa, e solo dopo aver visto soddisfatta questa condizione accetti di partecipare a tutti i giochi trattativisti. Potrebbe ottenere molti risultati: anzitutto potrebbe misurare se esiste una sinistra riformista, lucida, connessa con la vita e con l’economia reale. Le ci vorrà il microscopio: i verdi stanno ovviamente trincerati dietro i loro dogmi ideologici, e anche i socialisti li vediamo male. Ma soprattutto potrebbe stanare i popolari e il loro gioco ambiguo e stucchevole, quel fare asse con i socialisti e intanto strizzare l’occhio di volta in volta ai verdi o ai conservatori, quella danza che intravediamo nei movimenti di Antonio Tajani. Ma di fronte a un “no green deal” i popolari verrebbero chiamati al rispetto del voto dei liberi popoli europei, come chiedeva pochi giorni fa Antonio Socci qui a Radio Libertà, o a cedere definitivamente alla logica di establishment per cui a priori si affastella una maggioranza, anche con chi non ti somiglia. Se i popolari accettassero di mettere in discussione il green deal potrebbero cambiare davvero la partita in Europa, perché sarebbero obbligati a guardare alla loro naturale area d’appartenenza, cioè il centro-destra.
Porre questa condizione, badate, non sarebbe un imposizione rigida, ma solo chiedere il banale rispetto del voto europeo: pur con differenti dettagli nei risultati, il popolo italiano, il popolo francese e il popolo tedesco hanno bocciato coloro che hanno sostenuto questa follia ideologica e masochista. Per questo insistiamo: Giorgia Meloni, parti da questo, stasera: noi conservatori parleremo con chiunque dica no al Green Deal. Va bene essere realisti ed essere interlocutori con tutti, ma una scelta va fatta: o venire meno alle richieste dei popoli europei e del loro elettorato, oppure partire dal centro-destra.