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Sei anni. Circa trecentoquindici settimane. Circa duemiladuecento giorni. Più di cinquantaduemila ore. Per la procura di Palermo, è la pena consona per uno “psicoreato” gravissimo, avrebbe detto George Orwell, commesso da Matteo Salvini: aver sostenuto, e tradotto in atti politici (che era poi il suo mestiere, il quale nella tradizione occidentale avrebbe una sua autonomia teorica e operativa), una politica migratoria sgradita agli accusanti.
Ci rifiutiamo, qui, di cadere nel tranello di concedere la premessa di questa pazzotica cronaca giudiziaria: non c’è nessun “sequestro di persona”, quando si parla di politica dei confini (che diventa perfino geopolitica). A meno che si possa definire una banda di incalliti sequestratori la quasi totalità dei governanti europei al di là delle Alpi che, come ricordavamo stamattina, la frontiera l’hanno sempre tutelata, non cancellata dalle mappe. Eppure, nessuno è alla sbarra a La Valletta, nessuno è alla sbarra a Madrid. Nessuno è alla sbarra a Canberra, che sarà anche dall’altra parte del mondo, ma è comunque mondo occidentale, addirittura di diritto anglosassone, dove per lustri governanti di destra e di sinistra i barconi li hanno respinti, o al massimo smistati in isolette ad hoc.
Nessuno è alla sbarra come è alla sbarra il ministro Salvini, almeno nel cosmo avanzato e liberale, e il perché ce l’ha detto ieri ...
Sono le grandi multinazionali a controllare la politica, o è piuttosto vero il contrario? Nelle ultime settimane, abbiamo assistito a un fenomeno molto particolare e interessante, sintomatico di quanto l’agenda Woke sia non solo ridicola in se stessa, ma onerosa e pedante persino per quelle compagnie che da anni si mostrano sensibili e partigiane su argomenti come inclusività delle minoranze, femminismo, transessualismo, omofilia, e chi più ne ha più ne metta, fino ad arrivare a tematiche quali l’eco-sostenibilità, l’immancabile aumento della tassazione per le imprese più prolifiche, e maggiori interventismi statali.
All’indomani dell’omicidio di George Floyd, nel maggio 2020, i movimenti politici come Black Lives Matter e le associazioni per i diritti LGBTQ+ hanno aumentato la propria pressione sulle istituzioni governative e sulle aziende per adottare politiche interne più “inclusive”, come si suol dire. Questa agenda ha assunto il nome giornalistico woke o “wokismo”, anche se i suoi fautori hanno preferito l’acronimo DEI – Diversity, Equity, Inclusion. Questa agenda è stata istituzionalizzata a tutti gli effetti negli Stati Uniti durante l’amministrazione di Joe Biden, attraverso leggi e regolamenti, i quali, pur non imponendo direttamente queste agende alle grandi corporazioni e multinazionali, tuttavia esercitano una forte pressione su di esse attraverso incentivi fiscali, contratti governativi e accesso a fondi pubblici.
Le aziende, per non trovarsi escluse da questi benefici o per ...