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Negli ultimi anni, la collaborazione tra università europee e sette università cinesi, note come le Sette Figlie della Difesa Nazionale, ha destato crescenti preoccupazioni. Queste università, in stretta collaborazione con l’apparato militare cinese, rappresentano un rischio significativo per la stabilità dell'Occidente, soprattutto se si considera quanto il cuore della cultura occidentale – le sue università e i suoi centri di ricerca – possa essere vulnerabile all'influenza di potenze storicamente avversarie. La Cina, che attualmente rappresenta la principale potenza comunista e anti-occidentale del pianeta, sembra decisa a investire molte energie e denaro nei rapporti con il mondo accademico europeo.
Le Sette Figlie della Difesa Nazionale forniscono al Partito Comunista Cinese (PCC) tecnologie e competenze necessarie per sostenere le sue ambizioni militari. Il fatto che diverse università europee, alcune delle più prestigiose del continente, collaborino con queste istituzioni cinesi solleva seri interrogativi sulla protezione delle nostre conoscenze scientifiche e tecnologiche e sull’uso che di queste può essere fatto. Non è difficile immaginare che tali collaborazioni possano mettere a rischio l'indipendenza della ricerca e aprire la strada a forme di infiltrazione ideologica, oltre a potenziali furti di tecnologie sensibili.
Bruxelles ha cominciato a suonare l'allarme, e da settimane si discute su come proteggere le università europee e i ricercatori dalle interferenze cinesi. La questione è complessa, poiché molte università europee dipendono in buona parte da finanziamenti esteri per sostenere i loro progetti di ricerca. Tuttavia, accettare denaro da entità strettamente collegate all'esercito cinese rappresenta un rischio altissimo per la sicurezza e l'integrità dell'Europa. È come se stessimo inconsapevolmente contribuendo alla nostra stessa destabilizzazione, permettendo alla Cina di esercitare una crescente influenza nelle nostre istituzioni educative e culturali.
Un fenomeno simile si osserva anche negli Stati Uniti, dove i principali finanziamenti esteri delle università americane provengono spesso da Stati che storicamente sono avversari dell'Occidente, come Cina e Arabia Saudita. Questo fatto sta sollevando sospetti circa una strategia globale di "esportazione del caos". È particolarmente ...
Ad agosto 2024 sono state vendute 96.207 auto a batteria dentro l’Unione Europea. Sono tante? Sono poche? Esattamente un anno fa, i dati ad agosto 2023 ci restituivano questa cifra: 165.204 erano le auto elettriche immatricolate. Più che un calo sembra proprio un collasso. Insomma, i consumatori di acquistare l’auto a batteria sembrano proprio non averne voglia. Più gli viene imposta e più la rifiutano. Il leviatano di Bruxelles ha ben pensato di costruirsi un suo percorso “per salvare il pianeta”. Basta vietare la produzione di nuove auto a benzina e diesel a partire dal 2035 e il gioco è fatto. Quando questa prospettiva è stata disegnata ed approvata nel 2021 le case automobilistiche si sono fregate le mani e leccate i baffi. Non hanno avuto nemmeno bisogno di fare alcun tipo di strategia. Ci pensava la Commissione Ue a farla per loro. Le case avrebbero soltanto dovuto prepararsi a fare affari d’oro. Un bel ricambio forzato del parco macchine in circolazione a tappe forzate condito dai soliti immancabili sussidi pubblici, che sostanzialmente consistono nel far pagare ai contribuenti le auto elettriche che utilizza qualcun altro.
C’era solo un piccolo dettaglio: avevano provato a capire o sintonizzarsi su che cosa voleva il consumatore? Ovviamente non mi riferisco all’ortopedico che sta al quartier Parioli o al notaio che abita in Via Brera a Milano. Loro l’auto elettrica la comprano. L’hanno già comprata. Hanno la colonnina per la ricarica in garage e utilizzano la vettura per circolare dentro Roma e Milano. Loro hanno già fatto la loro parte per salvare il mondo. No, mi riferisco alla quasi totalità del mercato che rimane. Ad esempio, il rappresentante di commercio che può arrivare a fare anche mille chilometri al giorno sarà entusiasta di acquistare l’auto elettrica? Sembrerebbe proprio di no. Che geni questi politici. Che fenomeni questi manager. Impongono un prodotto con la forza e cadono dal pero se il consumatore poi li manda ...