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Il titolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) Giuseppe Valditara prova a modificare modalità e obiettivi dell’esame di maturità. A pochi giorni dalla fine degli esami, il titolare del dicastero di Viale Trastevere ha infatti annunciato di voler ripristinare il concetto di prova “di maturità”, abbandonando la denominazione “esame di Stato” considerata troppo formale e o “fredda” per una scuola che vorrebbe puntare - come dichiarato nel corso di una recente intervista - alla «valorizzazione integrale della persona».
La visione di Valditara, condivisa da molti specialisti ancora legati alla grande tradizione umanistica della scuola italiana, va oltre la semplice verifica delle competenze disciplinari, puntando a premettere al concetto di “istruzione” quello più ampio di educazione. In definitiva, la prova che non a caso valuta ragazzi e ragazze che hanno raggiunto la maggiore età, non si deve limitare ad attestare «quanto si è appreso» in termini nozionistici, ma anche e soprattutto «quanto il percorso scolastico ha inciso sulla maturazione complessiva dello studente». Diversamente basterebbero le batterie di test o l’Intelligenza Artificiale…
L’obiettivo è rendere l’esame più coerente con un sistema educativo che sappia rimettere al centro il concetto di “maturità” che, secondo il ministro, è stato «dimenticato dai giovani che sempre più spesso vogliono rimanere adolescenti e dagli adulti che in molti casi sembrano voler tornare all’adolescenza». Per questo la proposta ministeriale anticipata da Valditara si focalizza sulla capacità degli studenti di saper «affrontare le sfide future della vita con responsabilità e autonomia». La scuola pubblica torna insomma, almeno nelle intenzioni di chi incarna l’Istituzione, a dare il suo contributo per scongiurare la sindrome di Peter Pan o, più volgarmente, del bamboccione.
Il colloquio orale rappresenta già oggi l’elemento più vicino alla visione del ministro, avendo l’obiettivo di «accertare il conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale di ciascun candidato», arrivando però alla fine del ciclo delle prove scritte, quasi a “ciliegina sulla torta” mentre le sue finalità dovrebbero essere ...
La seconda presidenza Trump, ormai è evidente, rappresenta un cambio di paradigma significativo nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa. L'idea di America proposta da Trump non è più quella della Guerra Fredda né quella dell’unilateralismo democratico, in cui gli Stati Uniti si sentivano autorizzati a imporre la democrazia nel mondo senza il consenso di altri Paesi o istituzioni.
Il nuovo ordine che si sta delineando costringe l’Europa a una scelta cui non può sottrarsi: riuscirà a rafforzare la propria autonomia strategica e favorire, in qualche misura, un riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia, oppure rimarrà un attore passivo e sullo sfondo, all’interno di un mondo in trasformazione? Il Vecchio Continente si trova di fronte a una svolta decisiva per il proprio destino geopolitico, con il rischio di perdere in maniera definitiva la propria centralità nel panorama internazionale.
Il trumpismo non è una dottrina rigida, ma un approccio pragmatico alla politica internazionale. Trump è prima di tutto un negoziatore che utilizza l’imprevedibilità come strategia. Questo atteggiamento, se da un lato rende difficile anticipare le sue mosse, dall’altro suscita preoccupazione tra gli alleati europei, abituati a una politica americana più stabile e prevedibile. Tuttavia, la sua capacità di rinegoziare le relazioni internazionali potrebbe aprire nuove opportunità per l'Europa, se questa saprà coglierle e adattarsi al nuovo contesto globale senza rimanere ancorata a schemi ormai superati.
Anzitutto, è cruciale comprendere che Trump sta riportando l’America al suo ruolo storico di potenza del Pacifico. Il pragmatismo anti-ideologico di Trump, orientato principalmente alla tutela dell’interesse nazionale, inevitabilmente spinge gli Stati Uniti a prendere le distanze dall’approccio e dagli obiettivi tradizionali dell'Alleanza Atlantica. Questi ultimi, infatti, sono l’eredità di due guerre mondiali, in cui gli Stati Uniti furono coinvolti loro malgrado. Questo cambiamento si traduce in una minore attenzione verso la NATO e un ridimensionamento del coinvolgimento statunitense nelle dispute europee. Inoltre, il protezionismo economico promosso da Trump, con le sue chiare ripercussioni sul commercio ...