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Sono le grandi multinazionali a controllare la politica, o è piuttosto vero il contrario? Nelle ultime settimane, abbiamo assistito a un fenomeno molto particolare e interessante, sintomatico di quanto l’agenda Woke sia non solo ridicola in se stessa, ma onerosa e pedante persino per quelle compagnie che da anni si mostrano sensibili e partigiane su argomenti come inclusività delle minoranze, femminismo, transessualismo, omofilia, e chi più ne ha più ne metta, fino ad arrivare a tematiche quali l’eco-sostenibilità, l’immancabile aumento della tassazione per le imprese più prolifiche, e maggiori interventismi statali.
All’indomani dell’omicidio di George Floyd, nel maggio 2020, i movimenti politici come Black Lives Matter e le associazioni per i diritti LGBTQ+ hanno aumentato la propria pressione sulle istituzioni governative e sulle aziende per adottare politiche interne più “inclusive”, come si suol dire. Questa agenda ha assunto il nome giornalistico woke o “wokismo”, anche se i suoi fautori hanno preferito l’acronimo DEI – Diversity, Equity, Inclusion. Questa agenda è stata istituzionalizzata a tutti gli effetti negli Stati Uniti durante l’amministrazione di Joe Biden, attraverso leggi e regolamenti, i quali, pur non imponendo direttamente queste agende alle grandi corporazioni e multinazionali, tuttavia esercitano una forte pressione su di esse attraverso incentivi fiscali, contratti governativi e accesso a fondi pubblici.
Le aziende, per non trovarsi escluse da questi benefici o per ...
Come da molti anni non si stanca di rilevare il professor Stefano Moroni (del Politecnico di Milano), chi acquisisce la facoltà di pianificare il suolo prima o poi conquista il potere di pianificare ogni cosa, dato che tutto quanto facciamo poggia in qualche modo sulla terra. Proprio per questa ragione dovremmo essere consapevoli dei rischi che stiamo correndo con la nuova normativa Ue sul Ripristino della natura, che ora è stata sbloccata dopo molti mesi di tensioni tra le varie forze politiche e che comunque è ancora tanto avversata da vari Paesi europei (tra cui l’Italia stessa).
L’idea di fondo è riportare il Vecchio Continente grosso modo a com’era prima delle bonifiche condotte dai benedettini e prima di quel processo d’incivilimento che ha creato giardini e coltivazioni dove un tempo c’erano foreste, acquitrini e siepi selvatiche. Quella che nelle intenzioni dei legislatori si vorrebbe preservare è la cosiddetta “biodiversità”, anche se ciò dovesse comportare enormi difficoltà di ogni genere alla popolazione (e non soltanto dal punto di vista economico).
Questo progetto sta avanzando tra mille ostacoli perché non sono in pochi a comprendere che imporre ad agricoltori e proprietari il ripristino di aree umide (inizialmente l’idea era di delineare una politica agricola comune con il 4% di aree non produttive!) può suscitare resistenze più che legittime. Anche qui come nella ...