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A partire dal 2025, l'Italia ha istituito un Fondo per la cura e prevenzione dell'obesità, con una dotazione di un milione di euro per gli anni 2025, 2026 e 2027 (più finanziamenti aggiuntivi per ciascun anno). Una cifra che, a detta dei promotori, rappresenterebbe un’azione concreta per contrastare una piaga sociale e globale in costante crescita. Tuttavia, la decisione di istituire questo fondo rappresenta l’ennesima dimostrazione che il nostro sistema politico è del tutto incapace di fidarsi della libertà e della responsabilità individuale, preferendo perpetuare un modello assistenziale che deresponsabilizza i cittadini e soffoca la società con interventi inefficaci e paternalistici.
L’obesità è un problema complesso e, in quanto tale, non può essere risolto con semplici iniezioni di denaro pubblico. Al contrario, l’intervento statale nel tentativo di risolvere questioni individuali spesso non fa che peggiorare la situazione. Gli incentivi economici, lungi dal risolvere i problemi, li favoriscono e li aggravano. Perché incentivare economicamente determinate scelte o comportamenti tende a deresponsabilizzare le persone, trasferendo il peso delle conseguenze delle loro azioni sulle spalle della collettività. Questo processo genera un circolo vizioso, in cui la dipendenza dai sussidi o dalle facilitazioni statali diventa parte del problema stesso.
Prendiamo, nel nostro caso, l’obesità. Spesso (non sempre, a onore del vero, e per questo è sempre giusto non fare di tutta l’erba un fascio) le cause dell’obesità sono da ricercare in uno stile di vita non salutare, spesso adottato dai gruppi sociali a basso reddito. Ma queste scelte non sono casuali: i cibi più economici sono spesso anche quelli altamente processati, ricchi di zuccheri e grassi, mentre gli alimenti sani tendono ad avere un costo più elevato. Sono molte le ragioni alla base di questo divario nei prezzi. In Europa, il prezzo di frutta e verdura - la base di una dieta sana - è notevolmente aumentato negli ultimi anni rispetto al prezzo medio degli altri alimenti. Certo, è normale che fattori quali la ...
Ha trovato di recente spazio sui social e sulla stampa la discussione se nazismo e socialismo siano o meno manifestazioni dello stesso impulso totalitario. È indubbiamente una questione che divide, la quale, tuttavia, merita di essere approfondita al di là degli slogan, dei pregiudizi ideologici e delle reazioni emotive.
Non si tratta invero di una provocazione recente, ma di un’analisi storica e filosofica, che ha richiamato l’attenzione e le riflessioni di alcuni dei più grandi pensatori liberali del XX secolo, come Friedrich A. von Hayek e Ludwig von Mises. Entrambi hanno evidenziato come nazismo e socialismo, sebbene caratterizzati da retoriche differenti, condividano una radice comune.
In particolare, Hayek, nel suo celebre libro "La via della schiavitù", pubblicato nel 1944, ha spiegato come le ideologie collettiviste – siano esse socialiste o nazionaliste – condividano lo stesso destino: il controllo totalitario dello Stato su ogni aspetto della vita economica e sociale. Il punto centrale della sua critica è che il socialismo, pur presentandosi come un progetto di giustizia sociale, richiede la pianificazione centralizzata dell’economia. E la stessa, una volta avviata, non può che trasformarsi in un sistema di controllo autoritario. Quando l’apparato statale decide che cosa deve essere prodotto, a quale prezzo e da chi, inevitabilmente finisce per regolare anche il comportamento delle persone, togliendo loro ogni spazio di autonomia.
Per il medesimo pensatore, premio Nobel per l’economia nel 1974, il nazismo è stato il risultato inevitabile delle tendenze collettiviste che si erano diffuse in Europa nella prima metà del Novecento. La Germania, abbandonata la tradizione liberale che aveva caratterizzato parte della sua storia, è scivolata verso un sistema in cui lo Stato ha assunto il controllo totale della società, in nome di un presunto bene superiore. La differenza tra il socialismo internazionalista di Lenin e il nazionalsocialismo di Hitler è quindi solo apparente: entrambi miravano a creare una società in cui l’individuo non avesse più diritti propri, ma fosse completamente subordinato ...