La lezione senza tempo di Silvio: “Centrodestra unito!”
Giovanni Sallusti · 12 Giugno 2024
Cari ascoltatori, come sapete tutti, oggi un anno fa se n’è andato Silvio Berlusconi, e ha lasciato un incredibile vuoto nella politica. Ma non solo, perché se pensassimo che la vita coincide con la politica saremmo marxisti: il vuoto lasciato da Berlusconi è molto più ampio, riguarda il costume in senso lato, una certa idea di impresa, l’industria, l’immaginario e la cultura italiani.
Oggi in generale hanno prevalso, come prevedibile, i ricordi di rito, le citazioni strumentali. Invece il lascito di Berlusconi, anche solo parlando di politica, come tutti i veri lasciti non è una reliquia, non è una cosa imprigionata nel passato, da esporre e da spolverare. Al contrario, è qualcosa che dice molto del nostro presente e che può servire da bussola per il nostro futuro, anche quello immediato. E allora, che cosa dobbiamo a Silvio Berlusconi, ripeto, sul fronte della politica, lasciando da parte il gigantesco patrimonio di impresa e di immaginario? Gli dobbiamo l’esistenza di una cosa che si chiama centrodestra e la sua capacità di esistere e di sopravvivere, una stagione via l’altra, tutte diverse ma sempre all’insegna della ricerca di unità.
Ricordate il 1994? Per definire l’operazione che Berlusconi imbastì l’unico aggettivo adeguato è geniale. Sicuramente al Nord gli aprì la strada la Lega, sicuramente lui intercettò un umore, un sentimento che era stato portato allo scoperto e amplificato dal fenomeno politico della Lega. Diventò protagonista, per la prima volta della storia del Paese, il popolo delle partite Iva, dei lavoratori autonomi, dei produttori vessati dallo Stato centrale, un terreno già ampiamente arato dalla Lega. Sicuramente fu decisiva l’intuizione di diffondere questo alfabeto produttivista, e oltretutto di cogliere altre istanze di quel momento, per esempio il vocabolario della destra, che dopo Fiuggi stava abbandonando certe parole d’ordine stataliste, corporative, novecentesche. Berlusconi capì che quella destra poteva essere la gamba conservatrice di un grande fronte liberal-conservatore alternativo alle sinistre che si sentivano già al governo.
Questa intuizione fu geniale e il risultato clamoroso fu vincere le elezioni in pochi mesi. Ma soprattutto è clamorosa l’esistenza della coalizione che oggi, come hanno registrato le elezioni europee, esprime la volontà della maggioranza degli italiani: la dobbiamo in prima istanza a Berlusconi e subito dopo a un altro tratto tipicamente berlusconiano, cioè la costante ricerca dell’unità, della compattezza, dell’armonia nella differenza. Insomma, i tratti che hanno quasi sempre caratterizzato il centrodestra nella sua storia, almeno a partire dalla seconda Repubblica. Allora ricordiamocela, questa cosa, perché la forza di Berlusconi è stata anche la sua generosità con gli alleati: lasciò incarichi, ministeri, anche presidenze di regioni rilevanti, a partiti alleati che in quel momento non se la passavano benissimo, ma perché la concordia, l’unità erano la precondizione per realizzare il piano che aveva in mente .
E ora veniamo a noi. Per dare veramente le carte, il centrodestra deve essere compatto. Questa è una lezione che vale a maggior ragione all’indomani delle elezioni europee, guardando questo scenario un po’ schizofrenico per cui qualcuno vorrebbe partire dal pallottoliere: cioè dal fatto che, numeri alla mano, l’Europa potrebbe confermare una risicata maggioranza Ursula, nonostante i tre Paesi di gran lunga principali dell’Unione europea – Italia, Francia, Germania – in modo diverso tra loro abbiano rifilato una pernacchia a quella maggioranza. L’alternativa non può che partire dall’unità del centro destra. Se tutti i vincitori e in particolare le due vincitrici mantengono quest’asse, compiranno un atto di “berlusconismo”, cioè ripeteranno quella grande azione che ha permesso al centrodestra di esistere per trent’anni, spesso di governare, e certamente di offrire sempre un’alternativa alla sinistra o agli utili idioti della sinistra.