2025: fuga da Landini. -45mila iscritti alla Cgil!

· 11 Agosto 2025


Ci ascoltatori, è fuga di massa dal partito di Maurizio Landini, una volta noto come Confederazione generale italiana del lavoro: è notizia delle ultime ore che dal 16 ottobre 2024 a oggi, cioè in meno di dieci mesi, sono state disdette 45mila iscrizioni alla Cgil, in media 4.500 lavoratori al mese che hanno fatto il gesto dell’ombrello al capo dell’antagonismo italiano e al suo velleitario tentativo di partito personale, con cui ha distrutto lo storico sindacato dei lavoratori. Una frana che è cominciata dal momento in cui si è insediato, nel 2019: da quell’anno al 2023, 177mila iscritti hanno stracciato la tessera.

Se valessero dei criteri aziendali, quelli che Landini detesta, si potrebbe parlare di debacle, che però era prevedibile, perché, in un crescendo che è culminato nell’ultimo anno, il sindacato convertito in partito landiniano ha parlato di tutto tranne che di lavoro, cioè della sua missione sociale quale è stata dal dopoguerra a oggi.

Landini, infatti ha trasformato la Cgil in un po’ di tutto, per cominciare in organo pro-pal acritico e manicheo: ha parlato tantissimo della guerra a Gaza schiacciandosi su intransigenti posizioni anti-israeliane. Poi ha trattato del problema (certamente molto sentito in fabbrica) dei fondi al cinema dati a pioggia sul cinemetto italiano politicamente corretto, attaccando il centrodestra che ha chiuso i rubinetti. Poi si è buttato sull’ambientalismo e ha indossato le treccine di Greta Thunberg; poi ha tenuto il timone del tema più caro ai progressisti, cioè l’antifascismo quotidiano in assenza di fascismo da 80 anni, tenendo comizi sul 25 aprile tre mesi prima e tre mesi dopo, lanciando apertamente la sua opa sul fronte sbandato del campolargo.

Ha parlato spesso contro l’autonomia, anche se resta incomprensibile perché per i lavoratori, del nord o del sud, l’autonomia dovrebbe essere un problema e non invece una riforma che porta benefici, come tanti studi fuori dalla politica hanno mostrato. Poi Landini si è scagliato contro il ponte sullo Stretto, un’opera che genererà posti di lavoro, moltiplicazione di aziende, filiere collaterali e lavoro indotto, come nel Mezzogiorno non si è mai visto. La Cgil ha addirittura vagheggiato di tirare in ballo l’Unione Europea: una bella alleanza di reazionari, perché il ponte, in tutta evidenza, rappresenta e realizzerà progresso.

Ebbene, questo è il partito di Landini, per cui non è strano che un normale lavoratore italiano che dimora nella normale realtà gli faccia ciao ciao, mentre lui è impegnato a trasformare lo storico sindacato in un organo di “rivolta sociale”, come egli stesso ha detto più volte. Semplicemente, la Cgil non esprime più la volontà della maggioranza dei lavoratori, come è stato ai tempi di Luciano Lama e anche di Sergio Cofferati, ma è una ridotta antagonista la cui funzione è di perorare un’ipotetica leadership di Landini. Ambizioni politiche miseramente naufragate, perché, per fortuna loro e del Paese, i lavoratori se ne sono accorti.


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