Caso Ramy: i cc non possono fare il loro lavoro?!

· 3 Dicembre 2025


Cari ascoltatori, un dato di cronaca ci dice che poliziotti e carabinieri non godono di un particolare occhio di riguardo presso l’ordine giudiziario, pur essendo entrambi apparati dello Stato. Ricordiamo la sentenza della Corte Costituzionale (che abbiano commentato in questa rubrica) che prevede la possibile “particolare tenuità del reato” anche nei casi in cui questo venga commesso contro esponenti delle forze dell’ordine, proprio in un momento in cui i poliziotti e i carabinieri sono quasi quotidianamente assediati per strada dalla delinquenza antagonista pro-pal, la quale invece gode di numerose ed eccessive coperture intellettuali nel mainstream. La notizia di oggi riguarda una vicenda più specifica, ma ugualmente inquietante.

La notizia riguarda Ramy Elgaml, ricorderete il ragazzo purtroppo morto a seguito di un inseguimento a bordo di un motorino non guidato da lui. Oggi è stato depositato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e si scopre, si legge sul sito de Il Giornale, che al carabiniere alla guida dell’auto che inseguiva i due si contesta il reato di omicidio stradale. Ora, ricordiamo che i due ragazzi andavano folle velocità per le strade di Milano, spesso contromano, mettendo a repentaglio la sicurezza propria e altrui. E che un’auto dei carabinieri ha avuto la bizzarra idea di inseguirli, perché si stavano commettendo dei reati ed era a rischio la sicurezza di tutti i milanesi che incrociavano questo motorino: viene da sé che abbiano dovuto ingranare marce superiori alla seconda.

L’accusa rivolta al militare alla guida è di essersi tenuto a una distanza estremamente ravvicinata dallo scooter inseguito, e anche in questo caso non ci pare strano: se sto inseguendo qualcuno che mette a rischio la vita di chi è per strada cercherò di stargli abbastanza vicino. Né è strano che i carabinieri abbiamo provato ad affiancarlo: nell’atto si legge che la distanza laterale era di 80 centimetri (misurati in un ufficio, non nelle concitate condizioni emotive di un inseguimento), mentre la velocità era di circa 56,4 km orari, (sicuramente decisivo quello 0,4 che è stato annotato…), a fronte di una velocità dello scooter di circa 54 km orari, nel tratto finale. Starebbe in una discrasia di decimali, l’errore o il reato del carabiniere alla guida? Per la Procura di Milano la Giulietta dei militari teneva una distanza e una velocità “inidonee” a prevenire eventuali collisioni con lo scooter… Almeno l’ipotesi di reato di omicidio stradale è stata contestata anche a chi guidava il motorino, Fares Bouzidi, che ha messo a rischio la vita propria e altrui.

Ora però bisogna uscire dai tecnicismi da ufficio: è vero, i carabinieri hanno inseguito i due giovani per venti minuti, come aveva “denunciato” anche il sindaco Beppe Sala, ma anche in questo caso non si sa dove sia lo scandalo, se gli inseguiti continuavano a reiterare la loro condotta pericolosa nei confronti della sicurezza dei cittadini: le forze dell’ordine è così che devono regolarsi. È semplice logica.

In sintesi, nel provvedimento si contesta al carabiniere di aver guidato velocemente, di essere stato vicino all’obiettivo che stava inseguendo e che doveva fermare, in pratica di aver fatto il suo lavoro. Ci piacerebbe che ogni tanto da parte degli organi dello Stato che stanno in comodi uffici ci fosse un po’ più di empatia per chi quel medesimo Stato, e soprattutto la nostra sicurezza, li difende ogni giorno sulle strade…


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