Garofani, la toppa peggio del buco
Giovanni Sallusti · 19 Novembre 2025
Cari ascoltatori, oggi il consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani ci ha regalato un caso da manuale di “toppa peggio del buco”. Il consigliere ha scelto di rispondere alla notizia riportata da La Verità di Maurizio Belpietro parlando ovviamente con il Corriere della Sera, l’organo di riferimento dell’establishment, detto in senso tecnico, dal suo punto di vista probabilmente la scelta più intelligente.
Ricordiamo che ieri Belpietro ha raccontato, attribuendolo a fonte autorevole, che in una riunione tra i collaboratori di Mattarella si sarebbe espressa preoccupazione per l’eccessiva tenuta del centrodestra, con il “rischio” che arrivi forte come ora alle prossime elezioni, per cui servirebbero nuove iniziative politiche, una specie di Ulivo 2.0, un listone civico nazionale, e s’è vagheggiato il nome dell’ex capo dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (immaginiamo le transenne ai seggi). In questo scenario Garofani avrebbe espresso il suo parere: tutto questo potrebbe non bastare e servirebbe uno “scossone provvidenziale” per fermare il centrodestra e anche un’ipotetica, romanzatissima ascesa di Giorgia Meloni al Colle.
Noi ci aspettavamo che Garofani avrebbe eventualmente dato un segno di vita con una smentita radicale dell’accaduto, alla “stiamo scherzando, è una follia, non è mai successo, figuratevi se nel mio ruolo istituzionale dentro la cornice di una democrazia liberale potrei mai auspicare scossoni provvidenziali contro un governo espressione del consenso popolare”. Invece non ha smentito nulla. Il Corriere ha iniziato con il ritratto agiografico di un uomo “taciturno, schivo riservato, rigoroso, moderato, prudente, a tratti persino ermetico”: pensate se non lo era… Insomma, al Corriere Garofani si è detto “molto amareggiato per me e per i miei familiari”, che però nessuno, ovviamente, ha attaccato; “ma quel che soprattutto fa male è l’impressione di essere stato utilizzato per attaccare il presidente”, svolazzando amabilmente sulla sostanza, cioè se ha detto quelle frasi o no. Perché, se le ha dette, non è che è lui che è stato utilizzato, piuttosto è lui che ha utilizzato il suo ruolo per entrare scompostamente nel quadro politico.
Sta di fatto che smentita non è arrivata, anzi. Quando la giornalista gli ha fatto notare che anche “a sinistra c’è chi pensa che avrebbe potuto essere più cauto, evitando di ricamare in un luogo pubblico sulle strategie per abbattere Meloni”, Garofani ha calato la sua toppa: era “una chiacchierata in libertà tra amici”. Insomma ha confermato di avere detto quelle cose, siamo passati da una notizia data da Belpietro alle parole di un consigliere del Quirinale: se ieri la nostra inquietudine, in una scala da 0 a 10, era a 10, oggi è a 12.
Ha un bel da dire Garofani al Corriere di essere convinto di non aver mai fatto dichiarazioni fuori posto, né di aver dato adito a nessun complotto: il problema non è quello, il problema è l’alfabeto istituzionale, su cui le anime belle, gli editorialisti, i giornaloni, i custodi dei sacri riti della Repubblica si peritano di dar lezione ogni giorno; tranne quando un protagonista dei sacri riti, tipo un consigliere del Quirinale, cade in una una sgrammaticatura (vogliamo essere eufemistici) e allora parte il ritratto dell’uomo moderato, schivo, taciturno, e tutto passa in cavalleria.
No, non passa da nessuna parte: se lo stesso Garofani ci racconta che l’affermazione secondo cui servirebbe uno scossone provvidenziale contro il governo di centrodestra era frutto di una chiacchierata in libertà tra amici, questa è una toppa molto, molto peggiore del buco.
