“Parlando liberaMente” con Marco Respinti: Kirk difendeva la ‘normalità sublime’
Giovanni Sallusti · 20 Settembre 2025
Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute con Marco Respinti – firma di Libero, corrispondente internazionale di “The Washington Times” e studioso del pensiero conservatore anglo-americano – dell’omicidio Kirk e dell’importanza del suo messaggio politico, anche postumo.
“Charlie Kirk non era un pazzo estremista, omofobo, razzista – come lo ha raccontato il mainstream, facendogli una triste caricatura – ma, sul fronte della cultura d’area del centrodestra, non bisogna farne neanche un santino senza averne assimilato la lezione. Kirk ha tradotto la nobile cultura conservatrice, che ha più di 200 anni, per farla diventare azione. La sua storia personale ricorda la figura di Barry Goldwater, candidato repubblicano che perse le elezioni nel 1964. Quest’ultimo cercò di tradurre in una proposta politica la lezione dei maestri culturali del tempo – penso a Richard Weaver, Russell Kirk, Frank Meyer, Murray Rothbard – attorno alla quale nacque subito un movimento che, una volta tanto, può essere definito sinceramente di popolo”.
“Allo stesso modo, attraverso Turning Point Usa, Kirk ha animato la base del Partito Repubblicano e ha tentato di fare calare dall’alto i concetti dei massimi sistemi dentro l’azione politica quotidiana e negli spazi che contano di più: quelli frequentati dai giovani, come le università, i social e la comunicazione alternativa. Charlie è morto perché era un uomo che difendeva un’umanità semplice e – oserei dire – una normalità sublime. E ‘normale’ non è una parola tabù: contiene il termine ‘norma’, che vuol dire che esiste una regola nella realtà, nella morale, nella vita politica”.
“Charlie Kirk ha sempre cercato di rispondere a tutti i dubbi posti dal mondo woke. Si confrontava dialetticamente sulle cose: ‘Dimostrami che ho torto’. Il suo metodo si basava sul guardare l’interlocutore negli occhi e conversare con lui: in maniera puntuta e ferma, sì, ma anche dolce. Uso questo aggettivo non a caso perché, vedendo alcune sue performance in rete, spesso parlava con qualche ragazzo comportandosi come un antico saggio: accogliendolo, volendogli bene, spiegandogli le proprie ragioni senza arretrare di un passo. Era un personaggio profondamente religioso e la sua azione politica aveva un afflato mistico: il contrario di un ideologo estremista che cerca di imbonire l’avversario per portarlo su precise sponde elettorali”.
“Credo che Kirk intendesse l’azione politica come una manifestazione concreta della sua fede religiosa che il primo emendamento della Costituzione americana garantisce e sancisce come primo diritto politico di ogni cittadino e che investe la vita pubblica e sociale. Un giorno, durante un suo intervento, Charlie disse: ‘Gesù Cristo è più importante addirittura della politica’. Sparandogli è stato dimostrato che la mancanza di argomenti dei suoi avversari era tale da volere annientare la realtà. Il suo metodo ha dato più fastidio di tutto il resto. E questa caricatura contro di lui è un continuo ucciderlo, uno scempio intellettuale di cadavere: è la cosa più straziante per suoi cari. Anche negargli il minuto di silenzio, come è successo al Parlamento europeo, significa annacquare e sminuire la portata storica di questo avvenimento e negare uno dei pilastri dell’Occidente”.
“Del resto Charlie Kirk era profondamente innamorato della cultura occidentale, che ha smarrito il motivo per cui noi siamo i fondatori della libertà d’espressione, un valore serissimo. La speranza è che il suo insegnamento, nei modi e nei toni, possa essere la strada giusta per una generazione intera di giovani che si riconoscono in un pensiero alternativo alla sinistra. È stato colpito proprio lui perché era diventato un simbolo e un esempio da imitare”.
“La destra italiana dovrebbe imparare il suo metodo e il suo merito: ma ci vuole grande umiltà nel scendere nella fossa dei leoni, nell’approfondire le proprie tradizioni – con lo scopo di radicare le nostre idee – e, infine, fare quello sforzo incredibile di pensare la politica come il mettersi al servizio di una storia, di un Paese, di un popolo, delle proprie famiglie: un investimento a medio-lungo termine che deve essere coltivato bene. Poi, naturalmente, il tutto va declinato nella nostra realtà italiana. Dopo il raduno di Pontida non smettiamo di ricordarlo ma, anzi, ricominciamo dalla bandiera di Charlie. In fin dei conti, i martiri alla Kirk hanno una sola funzione: quella di essere imitati. Se no, non servono a niente”.