Micron in caduta libera. E con lui tutti gli espertoni
Giovanni Sallusti · 26 Agosto 2025
Cari ascoltatori, la morte politica di Macron è ormai una questione di conto alla rovescia: l’8 settembre François Bayrou, il sesto primo ministro nominato da Macron, si presenterà davanti all’Assemblea nazionale per un voto di fiducia che probabilmente sancirà l’eutanasia dell’ennesimo governicchio imbastito dall’Eliseo, visto che gli unici ad aver dichiarato che diranno sì sono i socialisti, mentre non la voteranno Rassemblement national, né la sinistra di Mélenchon, né i verdi.
Alla da tempo annunciata fine di Macron corrisponderà la morte intellettuale della categoria di coloro che ci fanno ogni giorno la lezione sullo scibile umano anche se hanno preso solo cantonate, cioè gli esperti, gli analisti, i commentatori mainstream, i giornaloni seri, e a scendere fino ai presentatori à la page (come Fabio Fazio, il quale, in una famosa intervista a Macron, con inesplorata piaggeria disse che per lui la capitale d’Italia era Parigi).
Gli espertoni di cui sopra hanno sventolato Macron come esempio di sapienza tecnico-amministrativa, il frutto della grande scuola francese di fronte al populismo cialtrone italiano, composto da partiti diversissimi tra loro che però hanno avuto il torto di ricevere grande consenso dagli italiani. L’esempio era Oltralpe, dove regnava la grandezza di Macron, quasi un filosofo prestato all’arte di governo: ci è stato detto che rappresentava la sinistra illuminata del nuovo millennio, tecnocratica, d’establishment, aderente al verbo eurocratico, e che avrebbe spalancato magnifiche sorti e progressive al riformismo contemporaneo. La realtà è che in Francia i partiti che hanno più consenso sono: uno nitidamente di destra moderna e nazional-conservatrice, Rassemblement national, e un altro nitidamente di sinistra, pericolosamente islamo-gauchista, cioè la France insoumise di Mélenchon: il riformismo di Macron, se mai è esistito, è finito accartocciato fra questi due.
Secondo gli espertoni, Macron sarebbe stato anche l’alfiere di un’Europa illuminata, autonoma e perfino antitetica rispetto all’alleato americano. Ce lo hanno venduto come capofila dei “volonterosi”, cioè le potenze europee, presentate come in grado di fermare la guerra e di esercitare una deterrenza nei confronti di Vladimir Putin: a Mosca si sono fatti grasse risate, perché l’unico che può imporre una deterrenza alla Russia è Donald Trump. Insomma, ogni iniziativa di questo Napoleone inverosimile è stata sistematicamente frustrata.
La beffa finale è arrivata poi dagli stessi giornali francesi: Le Monde, che pure dovrebbe essergli vicino, ha scritto che i fondamentali economici della Francia sono stati raggiunti, se non superati, dall’Italia, che il nostro Paese è anche più affidabile sui mercati finanziari, che il governo Meloni ha contenuto il deficit, anche grazie alla determinazione del ministro dell’Economia Giorgetti. Al contrario, in Francia il deficit è esploso, la società è scollatissima, i servizi lanciano l’allarme islamizzazione. E l’atmosfera è plumbea, di fatto Macron ha sospeso la democrazia per tenere fuori dai giochi decisionali il partito di Marine le Pen, che oggi gode della preferenza dei francesi.
Alla fine di questa parabola, dopo l’8 settembre Emmanuel Macron probabilmente dovrà andare a nascondersi, e con lui tutti gli espertoni nostrani.