Eurocrati, calma: sul Mes gli Stati hanno il diritto di dire no
Giovanni Sallusti · 13 Maggio 2025
Cari ascoltatori, lo psicodramma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, più noto come Fondo salva-Stati, che si ripresenta ciclicamente nella cronaca politica e che ritroviamo in queste ore all’avvicinarsi delle riunioni dell’Eurogruppo a giugno, è sommamente indicativo sul tipo di Europa che vogliamo. A seconda di come ci si approccia la questione del Mes e della sua approvazione o meno da parte del governo italiano, si dichiara quale modello di Ue si vuole: uno è il modello eurocratico attualmente vigente, per cui le decisioni fondamentali vengono calate da Bruxelles, la sede del superstato, come lo chiamava Margaret Thatcher, del leviatano continentale, e fatte digerire ai Parlamenti nazionali, che invece dovrebbero essere i luoghi espressione della sovranità popolare. Oppure c’è il modello che la Thatcher avrebbe voluto, di Stati nazionali in collaborazione competitiva tra loro, che prendono le proprie decisioni sovrane, appunto, a casa loro.
In vista delle riunioni di giugno si sta segnalando un pressing forsennato, poco rispettoso e con sgradevoli sconfinamenti, da parte di molti esponenti della suddetta eurocrazia, affinché il Parlamento italiano approvi il famigerato Mes. Fra essi c’è anzitutto il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, che è il ministro delle finanze irlandese, e già ci chiediamo che voce in capitolo abbia un ministro irlandese su che cosa deve o non deve fare il Parlamento italiano: è uno di tanti misteri del rito eurocratico.
Comunque costui ha detto, riferendosi alle riunioni preliminari di aggiornamento sul Mes: “Diversi tra i ministri intervenuti hanno sottolineato l’importanza del ruolo del Mes nell’assicurare stabilità finanziaria, rilevando il fatto che l’Italia non ne abbia ancora ratificato la riforma, e che questo fatto impedisce allo stesso Mes di mobilitare le sue risorse, nell’ipotesi di una crisi bancaria”. Insomma, cari italiani, datevi una mossa, sennò questo strumento del leviatano che abbiamo inventato non riusciamo a farlo funzionare.
Donohoe non è il solo a fare pressing sul nostro governo. Pierre Gramegna, direttore esecutivo del Mes (che non ha alcun mandato popolare): “Dobbiamo tutti cercare di lavorare al fianco di Giorgetti, pur capendo le difficoltà; ma i rischi di una mancata ratifica da parte dell’Italia sono reali”. Sono toni un po’ più bonari, ma Giorgetti è il primo a far notare in qualunque sede europea che non c’è la maggioranza parlamentare per questo. Niente, loro restano convinti che gli italiani verranno a Canossa.
C’è poi il sempiterno eurocrate Valdis Dombrovskis, attualmente commissario per il commercio, che si è sentito di aggiungere quanto sia importante “finalizzare la ratifica del trattato, rivisto in particolare per la funzione di backstop”: insomma, piantiamola con questi vecchi riti della democrazia, tipo il mandato ottenuto per volontà espressa degli elettori, bisogna ratificare il Mes come è stato deciso dagli eurocrati di Bruxelles.
Capirete dunque che non si può non comprendere la reazione di Matteo Salvini, il quale a stretto giro ha rilasciato la seguente nota: “Mes? No! Il Parlamento, grazie anche alla posizione ferma della Lega che ha sempre combattuto il Mes sin dai tempi di Monti, ha già respinto il tentativo dell’Ue di metterci questo cappio al collo. Dalla trasformazione in ‘salva banche’ non avremmo nessun vantaggio perché le nostre banche godono di ottima salute”. E ha aggiunto una stilettata politica: “Visto che si insiste a proporre questa modifica che la Lega non ratificherà mai, rispondiamo proponendo di liquidare la quota italiana per riprenderci i nostri quindici miliardi con cui potremmo abbassare le tasse, fare investimenti e aumentare le pensioni, lasciando liberi gli altri di fare quello che vogliono”.
Questo è il punto saliente: nel merito, non c’è ragione né interesse italiano di ratificare il Mes. Sul metodo, Salvini ripete quello che consigliava la Thatcher: non dirigista, non eurocratico, non uniformante, il metodo della libera autodeterminazione degli Stati nazionali. L’Italia ritiene di non ratificarlo, gli altri facciano quello che vogliono. E la questione di metodo, è chiaro, è quella più importante: sulla partita del Mes si gioca l’esistenza o meno della sovranità degli Stati nazionali e dei Paesi europei, rispetto ai diktat degli euroburocrati. Siamo sicuri che la Lega e tutto il governo del centrodestra terranno duro.