Xi liberista con bandiera rossa: al Corriere sono ammattiti

· 15 Aprile 2025


Cari ascoltatori, oggi segnaliamo la punta di dadaismo raggiunta stamane dal fu giornale della borghesia produttiva del Nord, il Corriere della Sera, che la dice lunga sui tempi pazzotici in cui viviamo: a pagina 4, “primo piano” sulla guerra commerciale tra il gigante americano e il gigante cinese. Titolo a tutta pagina:
“Xi fa il liberista: dazi, perdiamo tutti. E sigla accordi con i vicini più colpiti”. Sotto il titolo c’è la meravigliosa foto dell’incontro in Vietnam tra la delegazione cinese e quella vietnamita, su uno sfondo di bandiere rosse con la falce e il martello.

Ma allora davvero vale tutto, si può sostenere qualsiasi cosa e abdicare al minimo canone di verosimiglianza storica, filosofica, anche morale. Si può condividere o meno la distinzione di Benedetto Croce tra liberismo inteso come teoria economica e liberalismo come teoria filosofica più generale, che riguarda i diritti individuali. Einaudi la criticava, secondo lui liberismo e liberalismo erano due facce della stessa medaglia, di una filosofia della libertà. Comunque, perché il liberismo economico esista, deve esserci alla base la nozione di libertà individuale, quindi il liberalismo: ed è stato sviluppato in Occidente, non a Pechino.

Il liberismo presuppone l’esistenza di un individuo dotato di diritti naturali inalienabili che precedono lo Stato (figuratevi il partito unico) e solo essi giustificano l’esistenza di qualcosa come lo Stato, che deve tutelare questi diritti. Il liberismo presume John Locke, la grande avventura liberale dell’Occidente, la nozione di libertà inalienabile che è libertà di pensiero, di stampa, di religione. All’interno di tutto questo c’è anche la libertà economica.

Non sappiamo che studi abbia letto il collega che ha titolato la pagina del Corriere, ma noi non abbiamo trovato in nessun classico liberale, né di Hayek né di Friedman né di altri, la teorizzazione del partito unico e dei campi di concentramento. Oggi in Cina, che secondo il Corriere sarebbe la culla le magnifiche sorti progressive del liberismo 5.0, sono attivi 1.400 laogai, campi di concentramento per dissidenti, per persone sgradite al regime, per dirigenti caduti in disgrazia: cioè, inferno, tortura, denutrizione, lavoro forzato, sedute di autocritica come ai tempi del timoniere Mao.

Quindi non crediamo che il liberismo presuma l’esistenza di un partito unico che coincide con i gangli dello Stato e che determina tutto, per cui la vita della società non ha alcuna autonomia, figuriamoci l’economia. Non abbiamo trovato in nessun classico del liberalismo la teoria per cui un imprenditore, anche grande, se cade in disgrazia rispetto allo Stato-partito può sparire dalla sera alla mattina e l’azienda passa tout-court allo Stato. Queste cose sono l’abc del regime totalitario cinese.

Anche l’attacco del pezzo firmato Guido Santevecchi è meraviglioso. “Xi Jinping ha ripreso dall’armadio il mantello da difensore della stabilità e del libero commercio”. Ripreso? Xi intende il libero commercio come la prosecuzione della concorrenza sleale, basata sulla negazione del diritto del lavoro e sullo schiavismo, spesso anche minorile: un meccanismo grazie al quale Pechino sta lanciando un’Opa imperiale contro il mondo libero, sta sfidando l’egemonia dell’America e ha già fatto saltare intere filiere produttive europee, americane e occidentali.

Facciamo anche fatica a seguirlo, quell’articolo, a dare un senso a quel che leggiamo: se per il Corriere della Sera, il fu giornale della borghesia produttiva italiana, Xi fa il liberista con dietro una foto con la falce e il martello, davvero vale qualsiasi cosa.


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