Dai che arriva Trump, l’architetto della pace

· 3 Dicembre 2024


Cari ascoltatori, il disordine globale avanza, i teatri di crisi si aggravano e si moltiplicano, però si intravvede anche l’arrivo di un architetto che potrebbe dare forma a un nuovo ordine, e quell’architetto è Donald Trump.

Il mondo è in una fase di grande turbolenza. La liberale Corea del Sud ha appena annunciato la legge marziale, il suo presidente sostiene che il suo Paese è sotto minaccia da parte delle forze comuniste della Corea del Nord e accusa anche l’opposizione politica interna di fare il loro gioco. Il teatro siriano è riesploso, e quello è un microcosmo dove si riverberano tutte le tensioni del macrocosmo: c’è un regime ufficiale che è la tirannia di Assad, e ci sono varie formazioni di ribelli filo-islamisti manovrati dalla Turchia che vuole annettersi un pezzo di Siria per tornare ai fasti dell’impero ottomano, vera ossessione del sultano Erdogan; ci sono milizie curde e tribù arabe radunate dagli Stati Uniti, che possiamo considerare come “proxy” dell’Occidente; ci sono gruppi armati filoiraniani e altri militari dichiaratamente iraniani; ci sono anche sciiti, iracheni e non, sempre finanziati da Teheran, il grande architetto del terrore.

Il fronte russo-ucraino vede un’escalation di minacce nucleari da parte di Putin, mentre Zelensky fa trapelare per la prima volta una disponibilità all’ovvio, cioè al negoziato. Sul teatro medio orientale, intendiamo quello di Israele, Hezbollah avrebbe già violato la tregua: strano che una tal congrega di gentiluomini venga meno alla parola data.

Piaccia o no, l’unico potenziale architetto che può metter mano a tutto ciò è Donald Trump, non solo perché ha le chiavi di tutti questi dossier, essendo il presidente della più grande potenza mondiale, ma perché ha già dimostrato, nei suoi precedenti quattro anni di governo, di saper gestire, dirimere e condurre al negoziato i teatri di crisi. Situazioni che fra l’altro sono collegate fra loro: per esempio l’escalation in Siria è anche un modo per premere su Putin in ottica di negoziato sull’Ucraina; mentre la crisi coreana mostra come il vero teatro principale odierno sia nel Pacifico, tesi da sempre sostenuta da Donald Trump e dalle figure che ha scelto nei ruoli apicali della prossima amministrazione: Michael Waltz alla sicurezza nazionale, per non dire del segretario di Stato in pectore Marco Rubio, che vede nella Cina l’autocrazia con la A maiuscola, che manovra e spesso finanzia altre autocrazie.

Lo schema trumpiano, il negoziato attraverso la forza, potrebbe spegnere i vari focolai per poi potersi concentrare non in chiave militare, ma in chiave di consapevolezza dell’Occidente, sulla sfida del Pacifico. Riguarda non solo gli Stati Uniti ma anche noi, le filiere economiche europee: pensate, solo rimanendo ai temi di questi giorni, a quella dell’auto.

Questa è la minaccia per il mondo libero, l’opa del Dragone cinese con la sua arma della concorrenza sleale. Quindi non ci resta che sperare che il caos globale non deflagri ulteriormente, e che arrivi in fretta il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, che abbiamo segnato in rosso, rosso repubblicano si badi bene, sul calendario.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background