All’Europa serve più Musk e meno Gentiloni
Giovanni Sallusti · 27 Agosto 2024
Cari ascoltatori, attenzione: ha esternato Paolo Gentiloni, ex fondatore del Partito democratico, ex presidente del Consiglio, Commissario europeo uscente per gli affari economici e monetari. Finora, a dispetto degli incarichi importanti che ha ricoperto, non avevamo avuto notizia di sue grandi dichiarazioni e tantomeno di importanti iniziative politiche: meglio così, meglio che il conte Gentiloni sia rimasto nel suo grigiore e non sia intervenuto troppo a mortificare ulteriormente l’economia del continente.
Gentiloni, invece ha esternato ieri alla conferenza del Soft Power Club organizzata da Francesco Rutelli a Venezia (dove è ospite anche Antonio Tajani) per lanciare un allarme, immediatamente ripreso da tutta la grancassa mediatica: la democrazia in Europa, secondo il conte, è a rischio a causa dei social media. Noi abbiamo sentore che la democrazia in Europa spesso sia a rischio sì, ma a causa dell’Unione europea per come è stata costruita, cioè nel modo in cui l’hanno voluta gli eurocrati, fra i quali c’è proprio il conte Gentiloni. Anche Margaret Thatcher ci avvisò per tempo, rimanendo inascoltata, quando disse: state costruendo un Leviatano scisso dalla democrazia reale.
Cosa che è puntualmente avvenuta: per esempio abbiamo visto il terzo gruppo all’Europarlamento, quello dei Patrioti, tagliato fuori dal sistema nell’assegnazione delle cariche istituzionali, come se fosse una congrega di infetti. Lo stesso vale per l’idea antidemocratica di stendere un cordone sanitario rispetto al gruppo dei conservatori e a chiunque sia di destra o non allineato, che poi è andato a cingere i popoli europei, perché l’Ursula bis implementerà e accelererà il green deal sonoramente bocciato dagli elettori di Paesi fondamentali come Italia, Francia, Germania. Allora va detto: se la democrazia è a rischio sul continente, lo è per l’assetto, la forma, la pretesa dirigista, ideologica, uniformante assunta dalle istituzioni europee per come sono state impostate da tutti i vari Gentiloni.
E il conte Gentiloni che fa? Una tirata contro i social media che polarizzano, creano campi contrapposti incapaci di trovare un terreno comune. Ma il cordone sanitario che cos’è, se non una polarizzazione? Trattare come appestati i componenti di mezzo Parlamento europeo perché sta a destra, non recepire in nulla le loro istanze, non è forse polarizzazione? Gentiloni invece insiste con i social media, affermando che nelle speranze di molti essi avrebbero dovuto democratizzare l’accesso alle informazioni, mentre invece la diffusione della disinformazione online ha prodotto l’incapacità di mettersi d’accordo persino sulle basi, sui fatti. Ma, guardate bene, proprio l’eurocrazia ha spesso dei problemi con i fatti, per esempio quando rifiuta di riconoscere che larghe parti del continente sono infestate della sharia, tanto che alcune periferie europee, da un punto di vista storico e valoriale, non sono nemmeno più in Europa.
A questo proposito lo scrittore francese Michel Houellebecq ha parlato di sottomissione: è in atto un tentativo di diseuropizzare intere aree dell’Europa, ma questo Gentiloni non lo sa, per cui non c’è bisogno di scomodare i social per spiegare l’ignoranza dei fatti di base. Anzi, che i social media abbiano a che fare con la democrazia nelle sue forme contemporanee lo dimostrano i Paesi che mettono loro il bavaglio o ne filtrano i contenuti: tutte le peggiori dittature e autocrazie del pianeta, la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, la Russia putiniana. Certo, i social si prestano a ogni deriva della società di massa, possono alimentare isterie collettive, ma qual è l’alternativa? L’oligarchia dei Gentiloni? Siamo onesti: perché l’Europa e l’Occidente possano avere una speranza, la parola d’ordine dovrebbe essere più Elon Musk e meno Paolo Gentiloni.