Evviva Israele: Hamas decapitata a casa del suo padrone!
Giovanni Sallusti · 31 Luglio 2024
Cari ascoltatori, la notizia di stamattina è indubbiamente il colpo israeliano alla testa della piovra: un missile israeliano ha ucciso Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas, e lo ha fatto a Teheran, la capitale dell’Iran, dove Haniyeh si trovava per partecipare all’insediamento del nuovo presidente iraniano. Ieri era in prima fila alla cerimonia e ha applaudito ai proclami ripetuti dagli Ayatollah contro lo Stato ebraico, contro gli Stati Uniti, contro il grande Satana.
Si tratta di un colpo operativamente e simbolicamente significativo, perché è stata mantenuta la promessa del premier israeliano Netanyahu all’indomani del macello del 7 ottobre: non sarete sicuri da nessuna parte. E infatti il capo politico di Hamas non era al sicuro neanche nella capitale dell’asse del male terrorista e jiadista, la capitale dei suoi dante causa, degli Ayatollah. L’hanno raggiunto anche lì ed è un’ottima notizia per chi sta con Israele, per chi sta con la libertà.
Per intenderci, Ismail Haniyeh era colui che tesseva le fila strategiche, le relazioni politiche di Hamas, che trattava ai massimi livelli con Hezbollah, con i ribelli Houthi e con i loro burattinai, gli Ayatollah iraniani. Passava la maggior parte del suo tempo in Qatar, in una situazione tutt’altro che disagiata, mentre i palestinesi di cui cianciava di rappresentare la causa vivono in campi profughi, oppressi da Hamas. Haniyeh è anche quello che in un video disse “abbiamo bisogno del sangue delle donne, dei bambini e degli anziani per risvegliare dentro di noi lo spirito rivoluzionario, per spingerci ad andare avanti”. Cioè teorizzò espressamente che a questa banda si assassini nazi-islamici servivano gli scudi umani.
All’indomani del 7 ottobre Haniyeh disse che tutti gli accordi di normalizzazione che gli Stati arabi avevano firmato con Israele non avrebbero posto fine al conflitto, minacciandoli espressamente e lasciando sullo sfondo l’Arabia Saudita. Così facendo ha rivelato anche il probabile vero movente del 7 ottobre: Teheran non poteva tollerare gli accordi tra gli Stati arabi e Israele. Pur da capo politico, disse più volte che Hamas ovviamente non rinunciava alla lotta armata, cioè al terrorismo, perché Hamas è un movimento terrorista.
Questo è un brevissimo ritratto del personaggio, un capo politico che viveva in un esilio dorato in Qatar, da dove diceva che gli serviva il sangue dei bambini palestinesi, che Hamas non avrebbe mai rinunciato al terrorismo e che era il referente diretto degli Ayatollah.
Davvero allora questa non è una banale uccisione di uno dei tanti capi di Hamas: è la dimostrazione che la forza, la tecnologia e l’intelligenza israeliane sono in grado di colpire il nemico al cuore, nella capitale dell’asse del male. Vedremo quale sarà la reazione degli Ayatollah, ma il messaggio è chiaro: non siete al sicuro neanche sotto i turbanti di Teheran.