Sì, celebriamo Lepanto perché amiamo l’Occidente

· 23 Luglio 2024


Cari ascoltatori, stamattina vorrei chiedervi: qualcuno in Italia, in Europa, in Occidente ha problemi a festeggiare la battaglia di Lepanto? Lo chiedo perché l’ultimo caso in cui sguazzano alcuni giornali del mainstream è questa cosa per cui la Lega ha annunciato che l’annuale festa di Pontida, l’appuntamento politico più importante per il Carroccio, si terrà il 6 ottobre, in coincidenza con l’anniversario della battaglia di Lepanto (in realtà sarebbe il 7, ma cade di lunedì). La battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 è stato un momento cardine del contrasto fra l’Impero ottomano e la Cristianità. La Lega Santa, formata da un’unione dove primeggiava la Repubblica di Venezia con quasi metà delle navi, affiancata dall’impero spagnolo e molti Ducati e Repubbliche, sconfisse l’Impero ottomano e fermò la sua avanzata sull’Europa.

I giornaloni hanno trasformato tutto questo in: la Lega cambia la parola d’ordine, non parla più di Nord ma fa la Pontida anti-Islam. Tralasciamo che costoro impugnano la questione settentrionale a orologeria, questione fra l’altro già ampiamente presidiata dalla discussione sull’autonomia differenziata. Il tema interessante è piuttosto: perché la battaglia di Lepanto viene da loro identificata anzitutto come anti-Islam e non come pro-Occidente? Perché non guardarla in positivo, cioè come il momento in cui una civiltà si è difesa e non è perita, ha ottenuto di non essere conquistata, inglobata, snaturata? Perché non vogliamo mai lo sguardo alla nostra identità, ma perfino festeggiare Lepanto deve essere un “anti”?

Perché, direbbe il filosofo britannico conservatore Roger Scruton, siamo ammalati di oicofobia, cioè di paura, vergogna e odio di sé, della propria casa, della propria tradizione, della propria cultura, della propria storia, dei grandi spartiacque storici che definiscono la nostra identità. Noi odiamo tutto questo, per cui Lepanto è anzitutto anti-qualcuno e non pro-casa nostra, perché, come spiega il canandese Mathieu Bock-Côté, uno dei maggiori sociologi viventi, nel mainstream progressista si è diffusa l’utopia diversitaria, il culto del diverso e dell’altro pur che sia, basta che non sia il barbaro uomo bianco cristiano occidentale, appunto l’uomo di Lepanto. “L’altro” per eccellenza oggi è l’Islam, che anzi è il totalmente altro: è questo l’orizzonte di riferimento della nuova sinistra 5.0, che è islamofila, e lo è anzitutto contro se stessa. Pensate al paradosso per cui gli LGBT vanno in piazza scandendo le parole d’ordine di Hamas: immaginateli a Gaza, o in un altro luogo islamico, dove vige la sharia!

Riportiamo allora i piedi a terra. E diciamolo: a casa nostra, in Occidente, celebrare una kermesse politica legandola all’anniversario della battaglia di Lepanto non è anti-Islam, è pro-noi stessi, è alzare la torcia della civiltà occidentale che grazie a quella vittoria non venne assorbita e annientata, come non era accaduto prima a Poitiers, come non accadde dopo a Vienna e in tanti altri momenti topici della nostra storia. Non venne assorbita perché non era una civiltà tra le tante: era la civiltà della persona, era la civiltà della separazione tra peccato e reato, che si richiamava al diritto romano e prima ancora alla filosofia greca; e dopo sarà la civiltà dei lumi, la civiltà del libero individuo, del liberalismo, che non crediamo sarebbe germogliata se a Lepanto fosse finita diversamente.

Ecco perché richiamarsi a Lepanto vuole dire richiamarsi a noi stessi: noi non siamo oicofobi, non ci hanno contagiato, quindi non solo non ci vergogniamo, ma siamo fieri di rivendicare e festeggiare la vittoria di Lepanto e tutti gli altri grandi momenti storici che hanno costruito la civiltà occidentale. Non ce lo toglieranno.


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