Ursula not in my name: vince la linea Salvini

· 18 Luglio 2024


Cari ascoltatori, stasera siamo contenti perché possiamo dire che ha prevalso la linea “Ursula not in my name”. Not in my name può essere detto da qualunque uomo o donna, di destra, conservatore, sovranista, liberale autentico, non di quelli farlocchi che c’erano nell’Ursula uno e ci sono nell’Ursula bis, che hanno usurpato quell’aggettivo ma sono i dirigisti più compulsivi del Continente.

Chiunque sia critico con il recente andazzo eurocratico non poteva accodarsi al bis di Ursula: lei, in teoria donna di centro, ha prima guardato a sinistra e ha chiuso un accordo con il vecchio establishment progressista perdente in molti Paesi europei alle ultime elezioni; poi si è girata verso il fronte conservatore, tagliando fuori il gruppo dei patrioti come se avessero la peste.

Alla fine, cosa che noi avevamo auspicato e anche preannunciato, Giorgia Meloni ha detto anche lei “not in my name”, non è cascata in quello che noi abbiamo chiamato “il tranello degli amici dell’ultima mezz’ora”, quelli che volevano spingerla tra le braccia di Von der Leyen per normalizzarla, imbrigliarla. Va detto però che il prevalere della linea “Ursula not in my name” è anzitutto la vittoria di Matteo Salvini, della Lega e del gruppo dei Patrioti. Cioè quella parte della destra che ha considerato inaccettabile essere trattati da figli di un Dio minore dopo il risultato elettorale nel Continente, e sa che trovare un compromesso è diverso dall’abbracciare il totalmente altro da sé.

Ursula rappresenta il green deal talebano-ideologico. Oggi ha ribadito: accelereremo i primi 100 giorni sul green deal. Ha firmato un impegno con i verdi sulla conversione forzata, alla sovietica, dell’economia del Continente. E rappresenta una folle ottica compulsiva che vuole eterodirigere i fenomeni economico-sociali, dalle politiche di bilancio ai tappi delle bottiglie; incarna quel “superstato” che terrorizzava la Thatcher. Ursula rappresenta anche l’ipocrisia sul dossier Ucraina: l’Europa ha fatto e farà grande retorica bellicista sull’appoggio incondizionato all’Ucraina ma senza sostenerla materialmente. Se quel Paese è ancora in piedi è merito degli Stati Uniti e in subordine del Regno Unito.

Ursula rappresenta l’Europa ridotta a utile idiota delle filiere economiche cinesi che fanno concorrenza sleale nei confronti di quelle europee e occidentali. Ursula rappresenta una politica dell’immigrazione non gestita, scaricata sui Paesi mediterranei: dare un commissario al Mediterraneo serve a niente se poi non gli viene data una priorità politica.

Poi, certo, ci sono anche, ahimè, quelli come gli amici di Forza Italia, Tajani e il suo gruppo dirigente, che non vorremmo che a furia di fare i moderati diventassero modesti; ma questo è un problema tutto di Forza Italia. Oggi siamo felici, che abbia prevalso la linea Salvini è una questione di priorità politiche, di vita dei popoli europei. Ursula not in my name.


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