Donald sarà presidente e Zelensky vede la pace
Giovanni Sallusti · 15 Luglio 2024
Cari ascoltatori, Donald Trump è presidente in pectore degli Stati Uniti da 48 ore. Dopo il tentato omicidio e la foto in cui Trump mostra il pugno con il volto sporco di sangue e la bandiera americana sullo sfondo, è chiaro a tutti che (a maggior ragione di fronte a un candidato psicofisicamente impresentabile come Biden o a un sostituto di serie B catapultato dai democratici all’ultima ora) non ci sarà partita.
Lo si nota anche osservando la politica globale, che si sta già riposizionando come se Donald Trump fosse presidente. Il dato più clamoroso è l’uscita di Zelensky di oggi, che segna un cambio di paradigma da quando il suo Paese è stato invaso dall’aggressore imperialista russo. Zelensky ha parlato di un nuovo vertice per la pace in Ucraina da tenere in Svizzera, dopo il nulla di fatto sortito dalla prima conferenza, e ha aggiunto: credo che i rappresentanti russi dovrebbero essere presenti. Zelensky, in pratica, apre uno spiraglio negoziale e consegna il cerino a Putin.
È una buona notizia, perché dopo più di due anni di guerra è venuto il momento di esplorare la possibilità di una soluzione. Un colpo d’ala potrebbe essere seguire la via tracciata da Henry Kissinger, che poco prima di morire aveva ipotizzato: Donbass e Crimea alla Russia, ma Ucraina nella Nato. Un negoziato è tale se entrambe le parti guadagnano ed entrambe rinunciano a qualcosa: non si tratterebbe affatto di una vittoria di Putin. Donald Trump, attenzione, non è amico di Mosca come sostiene la narrazione del mainstream: al contrario, l’unico periodo in cui Putin non ha messo a segno una conquista territoriale, non ha aggredito un Paese, è stato il lasso di quattro anni in cui Trump è stato presidente. Il quale ha sempre detto “con me alla Casa Bianca la guerra in Ucraina non sarebbe nemmeno iniziata”; e si è spinto poco tempo fa addirittura ad affermare che “se la Russia avesse invaso l’Ucraina con me Presidente io avrei bombardato Mosca”. Ecco quanto è amico dell’imperialismo russo.
Piuttosto, Trump è uno che muove la potenza americana sempre nel solco del negoziato; ma nello stesso tempo risponde alle ragioni dell’America profonda, del contribuente che non ne può più dell’ipocrisia per cui l’assetto della Nato e in particolare il sostegno all’Ucraina gravano su di lui, mentre il contribuente europeo fischietta, fa il pacifista e magari gli sputa addosso. La guerra in Ucraina è un dossier che riguarda prima di tutto l’Europa.
Da questi fattori, dunque, proviene l’idea del negoziato. Zelensky, quando gli è stato chiesto se fosse preoccupato dall’arrivo di The Donald, ha risposto: penso che se Donald Trump diventerà presidente lavoreremo insieme, la maggioranza del partito repubblicano sostiene l’Ucraina. Se dopo 48 ore dall’attentato, evento spartiacque delle elezioni americane, è già accaduto questo, che cosa potrà succedere da qui a novembre, e da novembre in poi…?