“Parlando Liberamente” con Mario Sechi: Caro Centrodestra, adesso abbassiamo le tasse

· 22 Giugno 2024


Cari ascoltatori, oggi a “Parlando liberaMente” siamo in compagnia del direttore di Libero Mario Sechi: due chiacchiere per una carrellata sui temi scottanti di questi giorni, dal caso italiano di un’opposizione che grida alla Costituzione stracciata per una riforma che… applica la Costituzione alle storture in Europa, dove vediamo manovre irrealistiche nella costruzione della nuova governance.

Prima di tutto, l’Europa: la notizia che Enrico Letta sarebbe in predicato di avere un incarico nel nuovo asset europeo prescinde dalla volontà appena espressa dai popoli europei, che ha premiato il centrodestra. “In Italia dal punto di vista psicologico a sinistra non sono riusciti a elaborare il lutto della sconfitta. Tutto il resto ne discende, incluse qualsiasi nomina, riforma, disegno di legge: qualsiasi fatto anche lontanissimo dalle cose attribuibili al governo o alla maggioranza, in realtà diventa un problema. A livello europeo, abbiamo avuto un terremoto politico-istituzionale in Francia e si va alle elezioni anticipate. E si tende a dimenticare che anche in Germania è successo di tutto, è un Paese spaccato. Ne consegue che l’asse franco-tedesco su cui si basava l’equilibrio dell’Unione Europea, nel bene e nel male, è andato in crisi”. Il fatto che si vada verso una nuova maggioranza Ursula è abbastanza singolare, perché “i voti non si contano soltanto, come insegnava Cuccia, ma si pesano anche”. “In questo caso i voti pesanti li ha il centrodestra. Una classe dirigente accorta terrebbe conto dello scenario e cercherebbe di innovarlo. Non dico che si debba fare un’altra maggioranza, la destra non andrebbe mai a governare con i socialisti, ma nei posti chiave e nei ruoli apicali dell’Unione Europea, sarebbe normale dare accesso a persone del centrodestra. E invece no. Va in scena un capolavoro del sottosopra, nel nome di Enrico Letta che è per di più l’avversario sconfitto da Giorgia Meloni nelle ultime elezioni politiche”.

Il vero problema sono “la cecità, la sordità e e l’ignoranza culturale delle élite contemporanee: non leggono, non studiano, non hanno esperienza, non hanno mai sofferto, hanno tutti la pancia piena. Guardatevi le biografie. Tutta la schiera degli eurocrati. Un pezzo della classe dirigente francese, che ha grandi responsabilità, e della Germania, perché Parigi e Berlino hanno costruito questa architettura, che ha funzionato finché c’è stata la pace, in senso largo: poi è arrivata la prima grande crisi finanziaria, importata dall’America nel 2007-2008, poi riverberata in Europa nel 2010-2011 con la crisi del debito sovrano. Poi la pandemia e una sbandata clamorosa, anche relativamente alle libertà. I lockdown hanno tirato giù l’economia, poi l’ha fatta ripartire a razzo, ha creato illusioni. Poi è arrivata la guerra e si è scoperto che abbiamo un problema di politica estera perché non c’è un esercito, abbiamo tutto il fianco orientale scoperto e il fronte del Mediterraneo”.

In questo scenario qual è la partita di Meloni? “Secondo me Meloni può decidere di entrare in quella che io ho chiamato su Libero la “fase popcorn”: se la maggioranza dei popolari socialisti e liberali ritiene di non dover cambiare nulla, si può mettere tranquillamente in poltrona, aspettare di vedere che cosa succede. Sulla riva del fiume poi passano tanti tronchi d’albero”. “Non si va avanti se i popolari non affermano una politica moderata, non dico di destra perché non ci riusciranno mai: ma un po’ più di centro, un po’ più di moderazione, un’apertura al dialogo, quello sì. Insomma, hai la pregiudiziale antifà e va benissimo, la storia della Le Pen non ti convince e va benissimo. Ma almeno mettere insieme un po’ di visione pragmatista?”.

Veniamo all’Italia: “C’è una cosa che non ho potuto sopportare del dibattito di questi giorni, che imperversava in tutti i talk, cioè la retorica dello scambio carbonaro tra Lega e Fratelli d’Italia premierato-autonomia: ma è avvenuto in Parlamento e soprattutto è uno scambio in senso buono e virtuoso con gli elettori del centrodestra che dal 1994 chiedono qualcosa del genere. Anzi, dal lato conservatore al massimo si potrebbe dire che si sarebbe potuto fare di più. La procedura è stata democratica, il provvedimento sarà sottoposto al vaglio di tutte le alte cariche e istituzioni. Che cos’altro serve? Non riesco a capire. Tocca fare i conti con il “giornalista collettivo”, come lo chiamo io, la tipografia unica. Tant’è che anche in tema di autonomia, la sinistra sta abdicando al meglio della propria cultura e tradizione, che l’autonomia la voleva”.

Ma poiché “non ho una visione manichea della politica”, tocca “dire qualcosa anche sul centrodestra e sugli scatti in avanti non più rinviabili”. “Il fisco continua ad essere un mostro: bisogna cominciare a pensare a una serie di piccole, graduali, ma incardinate riduzioni fiscali. E poi la semplificazione, una sburocratizzazione importante. La rivoluzione liberale? Sì, ma va fatta adesso, ora che hai vinto le elezioni europee, adesso arriva il momento più difficile, cioè quello di dire agli elettori guardate che noi vogliamo governare dieci anni: per questo devi avere un programma e quindi un po’ di cultura, dei pensatoi, i cosiddetti think tank, e con questo lavoro andare avanti. Ci riusciranno i nostri eroi? Questo è sulle ginocchia di Zeus, ma diciamo che sarebbe anzitutto interesse del Paese…”

Su Donald Trump: “Io nel 2016 fui uno dei pochissimi a dire che Trump avrebbe vinto. E nel 2020, quando perse, dissi che non era finita, perché era stata un’elezione anomala, in piena pandemia, una cosa distopica. Se a novembre vincerà Trump per l’Italia e l’Europa potrebbe essere un bene, perché i repubblicani hanno una politica estera più decisa, eviterà che i dittatori si sentano autorizzati a fare invasioni. Il ritiro dall’Afghanistan ha incoraggiato i satrapi a provarci. Ma in realtà Trump è uno che non fa la guerra, è riluttante, come ormai tutti i presidenti americani. È però, questo sì, più assertivo nella politica estera”.

“Dal punto di vista economico invece può essere un problema per noi, perché già Biden ha fatto una politica che per l’Unione Europea è disastrosa. Ha messo in piedi un programma di incentivi che sostanzialmente ha incoraggiato le grandi multinazionali con sede in Europa a spostarsi in America. Trump ha detto una cosa che mi ha allarmato: levo le tasse federali e metto i dazi. Pensa di stimolare l’economia interna, e creare disponibilità di liquidità per alimentare poi la spesa. Il fatto è che poi i dazi li mette a noi. La classe dirigente europea riuscirà ad avere un dialogo con un presidente così? Ho dei dubbi”.

“Quanto alla politica di difesa, se Trump mantiene fede a quel che ha detto, dovremo aumentare la spesa militare per rispettare i patti dell’Alleanza Atlantica: per l’Italia significa una cifra tra i 12 e i 14 miliardi in più. Ecco perché è importante coinvolgere i conservatori, tenere Giorgia Meloni dentro questo processo, vedere che cosa succede con Marine Le Pen in Francia. A me fa ridere che questi pensano di fare politica prescindendo dalle condizioni materiali in cui si svolge la politica”.


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