Troppi dubbi su Israele. E Hamas vuole i morti…

· 11 Giugno 2024


Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha approvato una risoluzione che appoggia un piano di cessate il fuoco proposto dagli Stati Uniti, mirato a porre fine agli otto mesi di guerra fra Israele e Hamas a Gaza. La risoluzione ha incassato con 14 voti favorevoli e l’astensione della Russia, ed è stata accolta con favore anche da Hamas.

Tuttavia, l’ok dei terroristi palestinesi alla sospensione delle ostilità stride con le parole del loro leader sui territori, Yahya Sinwar, riportate dal Wall Street Journal: Sinwar, in alcuni messaggi inviati ai suoi funzionari incaricati dei negoziati sul rilascio degli ostaggi, ha infatti definito la morte di migliaia di civili nella Striscia di Gaza un «sacrificio necessario». Secondo quanto si legge, Sinwar ha scritto che la morte dei civili palestinesi a Gaza avrebbe «infuso la vita nelle vene di questa nazione, spingendola a raggiungere la sua gloria e il suo onore».

Gli spazi lasciati all’ambiguità sono quindi ancora ampi, anche perché l’opinione pubblica mostra un atteggiamento ondivago nei confronti di Israele, e si spinge fino al negazionismo rispetto alla strage del del 7 ottobre. Lo ha spiegato in una recente intervista rilasciata a Radio Libertà la presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Noemi di Segni: avere un approccio dubitativo nei confronti della guerra contro Hamas è dimenticare che cosa l’ha originata, chi ha voluto la strage del 7 ottobre, cioè i terroristi di Hamas.

Di Segni avverte: già l’ebraismo italiano è praticamente sconosciuto, anche se ha 21 comunità in cui vivono 25mila persone, e nonostante gli ebrei italiani abbiano partecipato e contribuito a tutti momenti decisivi della storia d’Italia. Ora, dopo lo choc del 7 ottobre, passata la scia emotiva seguita al fatto di cronaca, la solidarietà si è affievolita e ha preso piede un altro clima, che praticamente nega i fatti: sta avanzando anche nel nostro Paese il fronte delle accuse a Israele e agli ebrei come persone, dal genocidio ad addirittura il nazismo, dall’occupazione all’oscurantismo.

Così gli stessi ebrei d’Italia, per una sorta di reazione collettiva, hanno cominciato a nascondersi nelle proprie comunità o a muoversi in “modalità sospetto”: prima di parlare, capire come la pensa chi si ha davanti e classificarlo. E quel che emerge, continua Di Segni, è che la maggioranza degli interlocutori appartiene al partito del “sì, ma…” o il “sì, però adesso basta”. Ma questo “basta” non può preludere a nuove violenze da parte dei terroristi, non lo si può permettere. Chi allora può essere garante di una nuova sicurezza e di una nuova serenità, viste le posizioni assunte dalla stessa Onu?

Ma l’intenzione che guida la volontà dello Stato di Israele, dice ancora Di Segni, indipendentemente dalle tensioni nel governo (perché difendere Israele e difendere il suo governo sono due cose diverse), è salvare vite e ripristinare la vita. E questo vale anche anche per la Striscia di Gaza. Questa, spiega Di Segni, è la linea morale di Israele. Il fatto è che invece l’interlocutore ha nei suoi programmi solo terrore e assassinio, per cui, in ogni trattativa possibile, non dobbiamo dimenticare con chi si ha a che fare. 


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