Gli auguri che non vi facciamo: tutte le supercazzole che non sono il Na-ta-le!
Giovanni Sallusti · 24 Dicembre 2025
Cari ascoltatori, in questo 24 dicembre 2025, in questi tempi pazzotici e non di rado capovolti, vorremmo dirvi quali auguri non vi facciamo. Non vi facciamo gli auguri generici, astratti, formali di buone feste, con quest’orrido plurale generico, come se oggi cominciasse un party che si trascinerà fino al 6 gennaio.
Non vi facciamo gli auguri per una generica festa della pace, come succede in molte scuole nostrane per non turbare presunte sensibilità altrui. Intendiamoci, la pace è un valore profondissimo, soprattutto in questo momento in cui la ferita della guerra è tornata di nuovo a martoriare il corpo del nostro continente. Ma non lo è una generica celebrazione pacifista o arcobaleno, dove prevale l’ideologia della pace assai più che la sua concretezza.
E non vi facciamo gli auguri per la festa dell’amicizia, altro termine iper-inflazionato che ha perso il suo significato ed è diventato sinonimo di like, di incontri social con persone di cui non conosciamo il volto fisico né la storia. Non vi facciamo gli auguri per la festa dell’inclusione, un’altra espressione cronica che nel dibattito usano tutti perché suona benissimo e cattura le prime pagine dei giornaloni: ma l’inclusione è un guscio vuoto se non si definisce di chi, dove, con che criteri, una furbata retorica funzionale a una politica, a una filiera dell’inclusione molto prosaica, che conviene ai suoi autori a prescindere da chi e da come si include. Non vi facciamo neppure gli auguri per la festa dell’inverno, la festa della neve, né per qualunque altra supercazzola pseudo-meteo con cui edulcorare la festa vera.
Per questo non vi faremo alcun augurio edulcorato, relativista, supercazzolaro, che stanno all’opposto di noi, della redazione di Radio Libertà, della vostra radio. Noi vi facciamo gli auguri più sinceri, più profondi, più autentici di Buon Natale. Vi auguriamo di celebrare come ritenete e con chi ritenete la ricorrenza che è la stessa da 2025 anni, la nascita di quel Bambino, un evento dannatamente concreto nella sua materialità più spoglia, e allo stesso tempo dannatamente simbolica: è l’epifania dell’Occidente, il manifestarsi nella storia di un’anomalia, di uno strappo anche fra i monoteismi. Quel bambino è soprattutto il Dio che colma il fossato tra terra e cielo, tra divinità e umanità, che si fa uomo nella condizione più misera e che conoscerà il limite estremo e il segreto profondo dell’umano, cioè la morte e il dolore, e risorgerà in nome dell’amore. È una taglio netto nella storia stessa dell’umanità.
Non solo, l’avvento di quel Bambino spingerà l’affermazione della laicità: non del laicismo che è una delle ideologie postmoderne, assieme all’inclusione e a tutte quelle supercazzole di sui sopra, ma la laicità per cui si dà a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, cosa che non esiste in altre culture, in altre esperienze religiose, come purtroppo vediamo anche dalla cronaca.
Vi auguriamo un Natale autentico, letterale, calato nella sua verità, che celebri la nascita di quel Bambino, che rappresenta tutti noi, il nostro prossimo. Non un Natale bigotto, non un Natale edulcorato, ma un Natale che sia ancora e soprattutto l’affermazione di ciò che siamo.
