Garlasco, rimbomba il ragionevole dubbio

· 19 Dicembre 2025


Cari ascoltatori, stamattina non possiamo non parlare del caso Garlasco, che ormai è un buco nero della coscienza collettiva che incombe sulle poche certezze che credevamo di avere sul diritto, sulla giustizia e su altri costrutti non irrilevanti per la convivenza civile.

Ieri si è concluso l’incidente probatorio nella nuova indagine che vede come indagato Andrea Sempio. All’udienza era presente anche Alberto Stasi, come parte interessata: il che dovrebbe essere ovvio, al di là delle polemiche, perché quest’indagine mette in discussione la certezza della sentenza che lo ha condannato. Come ha detto uno dei due avvocati di Stasi, Giada Bocellari, da ieri è acquisita la certezza che sulla scena del delitto e sul corpo di Chiara Poggi non c’è dna di Alberto Stasi. È un fatto.

Dall’altra parte, secondo la perizia di Denise Albani, sul corpo della vittima è stato trovato dna che sarebbe da 476 a 2.153 volte più probabilmente di Andrea Sempio che di chiunque altro. La stessa perizia dice che non è in grado di stabilire con esattezza come queste tracce genetiche siano arrivate sulle unghie di Chiara, se per contatto diretto o indiretto, ed è un argomento su cui premerà la difesa di Sempio, che infatti ieri si è dichiarata soddisfatta, perché Sempio frequentava la casa dei Poggi, in quanto amico di Marco eccetera. Bisogna però ricordare anche che queste tracce di dna sono sulle dita delle due mani di Chiara, quindi i contatti sono almeno due.

Ora, l’errore da non fare è replicare le storture dell’iter giudiziario che ha portato alla condanna di Alberto Stasi: chi è sotto inchiesta è sempre innocente fino a prova contraria, e al momento non c’è nemmeno un rinvio a giudizio, per la pars construens dell’indagine si è solo concluso l’incidente probatorio. Ma la pars destuens, quella che distrugge la sentenza definitiva su Alberto Stasi, comincia a essere devastante: da ieri si può dire che non c’è il dna di Stasi, del condannato per l’omicidio, e non c’è mai stato. Non solo: non c’è e non c’è mai stato un movente che chiarisca perché un ventenne che si stava per laureare avrebbe massacrato la fidanzata. E anche la tempistica dei fatti getta ombre innegabili sulla condanna: l’allarme di casa Poggi viene staccato alle 09:12 e Stasi alle 09:36 era davanti al computer, quindi è difficile pensare che abbia avuto il tempo necessario per entrare in casa, commettere la mattanza, lavarsi integralmente senza lasciare tracce clamorose in giro, uscire, tornare a casa senza essere visto da nessuno e rimettersi al computer. È già inverosimile che lo avrebbe potuto fare un killer professionista, figurarsi un giovane bocconiano.

Sono anche documentati, e sempre in via di aggiornamento, vari errori della prima inchiesta, oltre 50; e c’è la nota che compare nella sentenza di condanna in Cassazione, secondo la quale l’andamento dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi fu senz’altro non limpido, caratterizzato anche da errori e superficialità. Già questo ci pare insinuare di per sé il ragionevole dubbio, un tarlo che però solo oggi comincia a erodere ampiamente ogni certezza su questo caso: “oltre ogni ragionevole dubbio” è una precondizione prevista dal codice per condannare. Non a caso in due gradi di giudizio Stasi era stato assolto e anche il Pg in Cassazione aveva chiesto l’assoluzione: tutta legna per il fuoco del ragionevole dubbio.

Il giudice Stefano Vitelli, che lo aveva assolto in primo grado, ha detto di recente che se non ci sono certezze inoppugnabili, se il giudice quindi deve scommettere, non può scommettere sulla colpevolezza dell’imputato, perché se perdi la scommessa perdi la vita di un uomo. Ora, capite che di fronte ai nuovi sviluppi, di fronte alla chiusura dell’incidente probatorio, fatto salvo il totale garantismo che coinvolge il nuovo indagato, rimbomba drammaticamente la questione del ragionevole dubbio. E non si capisce davvero perché questo ragazzo, ora uomo, sia ancora in carcere.


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