Cucù, alla Corte dei Conti spuntano i fan di Che Guevara
Giovanni Sallusti · 31 Ottobre 2025
Cari ascoltatori, volete la prova che in Italia as-so-lu-ta-men-te non c’è un problema di magistratura politicamente schierata che fa propaganda, men che meno che si scaglia contro i dossier proposti dall’avversario che si trova a incrociare? La prova sta nella vita e nelle opere del dottor Marcello Degni, consigliere della Corte dei Conti presso la sezione di controllo della Lombardia e presso la sezione delle autonomie, nominato dal governo Gentiloni.
Degni è noto da tempo per le sue esternazioni social non molto composte, ne citiamo intanto una perché chiarifica il clima di serenità politica che permea alcune toghe, si trova in un post stilnovista del 30 settembre 2015: “Scusate, ma che minchiata è questa storia del ponte sullo stretto?”. Parere tecnicamente legittimo; poi, due anni dopo, Degni è stato eletto alla Corte, e non sappiamo se lo abbia condiviso con i colleghi che il Ponte lo hanno stoppato. Il sospetto è venuto dopo che, nelle scorse ore, Degni si è fatto vivo: “La reazione alla decisione della Corte dei conti sul Ponte è coerente con l’attacco alla magistratura che domani (cioè ieri, ndr) sarà sancito dall’approvazione della legge sulla separazione delle carriere”. Cioè, secondo lui, ribaltando i tempi, è tutto un piano della politica contro la Corte dei Conti, non è fare quel che è stato promesso all’elettorato, che ha dato il voto alla maggioranza.
Degni ha continuato: “Difendere la Costituzione e votare NO al referendum per proteggere la democrazia”. Bisogna ammettere che è più efficace lui di Elly Schlein e degli attuali dirigenti del Pd, quanto a comunicazione politica. Peccato che Degni faccia un altro mestiere, o dovrebbe, e infatti qualcuno su X gli ha fatto notare che “è difficile poi arroccarsi sulla difesa dell’indipendenza della magistratura se si fanno post di legittima propaganda politica”. Lui ha replicato: “Bisogna distinguere tra la manifestazione del pensiero che è libera per tutti a eccezione dei fascisti banditi dalla Costituzione” – allusione certamente storica e scevra da retropensieri sull’attualità – “e l’azione che deve essere svolta seguendo norme e prassi con imparzialità, come ho sempre fatto e come fanno tutti i magistrati”.
Per carità, siamo sicuri che abbia sempre scisso le sue non sfumatissime idee politiche dalla sua azione di magistrato. Però fa specie che quando sventola la libertà di parola come valore, mentre ci aspetteremmo che dichiari suoi mentori Voltaire, John Stuart Mill, John Locke, il dottor Degni sia famoso per aver cantato le lodi di un noto custode della libertà individuale, Ernesto Che Guevara, che egli definì come vivo, luminoso, immortale.
Siano perplessi perché Che Guevara esprimeva il suo concetto di libertà facendo internare chiunque non desiderasse il paradiso comunista, o fosse cristiano, o omosessuale. Così ci stupisce che sui suoi amati social il magistrato parli bene addirittura del comunismo, “una passione collettiva, gioiosa, etica e politica, che combatte contro la trinità della proprietà, dei confini e del capitale”, citando Toni Negri, altro noto intellettuale di riferimento per i liberali e i moderati.
Il Degni-pensiero proseguirebbe ancora, ma ci fermiamo e ci limitiamo a registrare che le fluviali esternazioni politiche del consigliere della Corte dei Conti sembrano tanto il marcatore di un lievissimo problema: una magistratura che non ha paura a schierarsi, che tende a trasferire le sue idee nelle sue azioni . Per questo ci pare che il governo, con quella bizzarra idea di metter mano alla giustizia, non avesse proprio tutti torti, che la situazione non sia idilliaca, e che la riforma non sia poi tanto una minchiata (cit.).
