Democrazia o governo dei giudici: il ponte è un bivio

· 30 Ottobre 2025


Cari ascoltatori, è ora che la piantino con l’ipocrisia. Parliamo del ponte sullo Stretto, questa mattina è chiaro a tutti che delle due l’una: o ci va bene che governi un ordine dello Stato che non ha compiti esecutivi ma ormai è una corporazione a sé stante, scissa dal controllo democratico popolare; oppure governa chi è stato deputato a farlo, espressione del consenso fornito degli italiani, come è normale in una democrazia liberale.

Non si può far passare in cavalleria questa smaccata, incontinente invasione di campo della Corte dei Conti a proposito del ponte, non si può sguazzare in un posticcio terreno neutrale. Non siano davanti a un arbitro che ha fischiato un fallo in un corretto dialogo tra poteri e ordini dello Stato. Qui l’arbitro ha messo la casacca di una squadra, anzi l’ha sostituita perché quella squadra da sola non ce la fa, è manifestamente inferiore. Questa è la realtà, bisogna essere intellettualmente onesti: a qualcuno potrà andare bene, ma non può dire che non sia così.

Per fortuna il governo e per primo Matteo Salvini hanno risposto che andranno avanti, perché le priorità strategiche di un Paese le decide l’esecutivo nato su mandato degli elettori e non quattro togati negli uffici. Ma resta il fatto che il tentativo da parte della Corte dei Conti di fermare il ponte è capzioso, anche perché avviene con una tempistica piuttosto sospetta: proprio mentre viene approvata definitivamente la riforma della giustizia, ancora incompleta ma comunque un colpo alla suddetta casta, con la separazione delle carriere e il meccanismo del sorteggio per il Csm, che va a intaccare il moloch delle correnti.

Ecco, proprio nelle stesse ore, una delle massime espressioni della casta in toga ferma un provvedimento chiave del governo per lo sviluppo del Paese: non potete trattarci da scemi, non è una coincidenza. Per di più le motivazioni non si sanno, perché ovviamente lorsignori si prendono 30 giorni, come fossimo nell’Ottocento (lo scrive oggi Mario Sechi su Libero), mentre il tema è modernissimo: una società quotata in borsa che vale migliaia di posti di lavoro, secondo la Corte dei Conti non dovrebbero esserci più, e così gli investimenti, di aziende italiane e non solo. Quel che si sa è che la Corte avrebbe ravvisato “gravi profili di illegittimità nella delibera del comitato interministeriale per le grandi opere che il 6 agosto aveva approvato il progetto definitivo”.

Siamo all’apoteosi del cavillo come metodo di contro-governo, per non dire di altri dettagli surreali, tipo che i giudici si sarebbero lamentati dell’avvenuta trasmissione di atti voluminosi attraverso link sul quale avrebbero dovuto cliccare, cioè usare un manufatto di recente introduzione che si chiama computer, usando un aggeggio misterioso che si chiama mouse. Smettete di prenderci in giro: avete fermato un’opera chiave basata su una visione infrastrutturale del Paese e l’avete fatto per motivi politici e con argomenti pretestuosi.

Questo è insultare l’intelligenza degli italiani, quindi lo ripetiamo: c’è chi pensa che a governare debba essere un ordine palesemente fuori controllo, soprattutto fuori dal controllo della volontà popolare che è il fondamento della democrazia, al posto del governo che ha presentato un’agenda di Paese in cima alla quale c’era il Ponte. E oggi, rispetto a tutti quelli che fanno finta di niente come se fosse normale, stimiamo di più chi lo dice chiaramente, che vuole instaurare una dittatura giudiziaria.


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