La sparigliata di Trump: ciao Vladi, la risolvo con Xi
Giovanni Sallusti · 23 Ottobre 2025
Cari ascoltatori, Donald Trump e Vladimir Putin giocano la loro partita con due giochi diversi: Trump è forte a poker ed è conscio di avere carte nettamente migliori, una volta che le si buttano sul tavolo. Putin persevera con la sua maestria negli scacchi, esercita l’arte della dilazione, dello stop and go, e si prende singoli pezzi, che sul campo sono singoli chilometri di Donbass, a prezzo di perdite e fatiche immani.
La notizia, per rimanere nella metafora, è che oggi Trump prova a rompere quest’impasse con una sparigliata, un’azione che non era mai stata tentata: tirare dentro al dossier Ucraina il presidente cinese Xi Jinping, che Trump vedrà a breve in Corea del Sud, trattando così Putin da vassallo di Pechino, come rischia effettivamente di essere. Mettiamo ordine: l’amministrazione americana ha annunciato sanzioni pesanti e inedite contro la Russia, perché colpiscono direttamente i colossi petroliferi russi, i principali finanziatori della macchina da guerra del Cremlino. Trump si augura che siano di breve durata, punta alla chiusura del deal, ma intanto il suo segretario al tesoro Scott Bessent ha anticipato che l’America potrebbe spingersi anche oltre, con sanzioni secondarie devastanti contro chi continua a fare affari con la Russia.
Poi Trump è arrivato alla Cina, come ha spiegato in una conferenza stampa: ha prima citato l’India, spiegando che smetterà di comprare petrolio dalla Russia entro fine anno, gradualmente: “L’India è stata fantastica, ho parlato con il primo ministro Modi”, con tanti saluti alla narrazione surreale, priva di agganci storici e politici, che vorrebbe New Delhi parte del fronte filocinese. Modi ha attuato la politica di due forni, ma sa che il forno cinese è quello in cui l’India si brucia; così si è allineato a Trump. Il presidente Usa sulla Cina ha detto: “Ha un rapporto un po’ diverso con la Russia, non è mai stato buono, ma a causa di Biden e Obama sono stati costretti a stare insieme”. L’asse Obama-Biden ha realizzato il capolavoro al contrario di saldare un asse sino-russo che va contro la storia, la cultura e gli interessi strategici delle due nazioni, una relazione innaturale. “Probabilmente ne parlerò con Xi: quello di cui parlerò davvero con lui è come porre fine alla guerra fra Russia e Ucraina. Penso che possa avere una grande influenza su Putin, è un leader molto forte di un Paese molto grande. Parlerò con Xi di come mettere fine alla guerra in Ucraina, credo che sarà molto ricettivo”: Per la prima volta, Xi viene coinvolto direttamente nel dossier ucraino, e così facendo Trump descrive anche la condizione di vassallaggio di Mosca.
Trump pensa di avere delle carte persuasive con Xi perché entrambi giocano una partita globale, mentre Putin è a capo di una potenza regionale: quindi i due hanno quantomeno un alfabeto comune. La sparigliata sta nel togliere la maschera a Vladimir, a rendere evidente che può continuare a sottrarsi a un negoziato e a dilazionare lo sforzo bellico solo finché glielo permette Xi. Ma è interesse della Russia finire come protettorato cinese? E soprattutto, un leader che dipende da un altro leader che forza può avere a un tavolo? Per questo Trump ha dichiarato che andrà a parlare direttamente con chi la forza ce l’ha davvero. Non sappiamo come andrà, ma è una mossa molto intelligente.
