Oggi Trump fa la storia. Che débâcle per lorsignori

· 13 Ottobre 2025


Cari ascoltatori, questa mattina ci è tornato alla mente l’episodio del 1806 in cui il grande filosofo tedesco Hegel, affacciandosi alla sua finestra a Jena e osservando Napoleone passare, disse “ho visto l’anima del mondo a cavallo”: oggi è davvero molto difficile non scorgere lo spirito della storia scendere con Donald Trump la scaletta all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Se teniamo gli occhi fermi sulla cronaca, ci accorgiamo che è impossibile non vedere la storia. Ed è quella della pax trumpiana, che muove l’impensabile in Medio Oriente e ridisegna lo scenario globale. Si tratta di una pace controintuitiva, quella tra lo Stato degli ebrei e l’organizzazione fondamentalista islamista che ha come missione la distruzione di Israele, e così lo è il ritorno degli ostaggi, i pochi vivi e le salme degli altri, per almeno emendare la ferita immane del sequestro dei civili trascinati nelle viscere di Gaza.

È un’operazione che è partita da un’iniziativa insieme politica, diplomatica e militare, passando attraverso lo sforzo dell’esercito israeliano e il bombardamento dei siti nucleari iraniani. Ma se allarghiamo lo scenario come se avessimo uno zoom , nell’opera di Trump si vede l’inizio di un nuovo disegno del Medio Oriente, all’insegna degli accordi di Abramo, del coinvolgimento attivo degli Stati arabi e delle grandi monarchie sunnite del Golfo. Il vicepresidente J.D. Vance ha detto che saranno le petro-monarchie a spendere di più nella ricostruzione: cioè metteranno mano nella pratica a un dossier per il quale finora si erano spese per lo più a parole, e lo faranno in un’ottica di collaborazione con lo Stato di Israele finalmente esplicita, emarginando sempre più il vero fattore di destabilizzazione e di esportazione del terrorismo, il traballante Iran degli ayatollah. Già solo questo varrebbe a Trump un Nobel per la pace.

Se allarghiamo ancora lo zoom, lo sfondo di tutto questo è il prepotente ritorno dell’America al centro dello scenario globale, quadro che a casa nostra certifica l’ennesima tranvata per lorsignori: oggi, con il discorso alla Knesset e con la firma della pace a Sharm el Sheikh, sarà manifesto che non è mai esistito il cosiddetto “’isolazionismo di Trump”, e tantomeno la ritirata dell’America dal mondo (che in realtà s’era vista quando Biden era presidente), con notevole beneficio per tutti gli uomini liberi.

Oggi esiste un disegno complessivo all’insegna del deal, basato sulla pace attraverso la forza e sulla geopolitica dei commerci come fattore stabilizzante, perché, parafrasando Frédéric Bastiat, dove passano le merci, non passano i cannoni. È anche un messaggio alle canaglie dell’area e a tutti gli autocrati e dittatori globali, Putin e Xi Jinping inclusi: se la Cina pensava che l’America di Trump si sarebbe ritirata dal mondo, oggi ha la prova che è vero il contrario, e forse non è un caso che stia deflagrando di nuovo la tensione commerciale tra i due Paesi. La vera sfida, una volta spenti i focolai di crisi, è quella.

E allora dedichiamo a un po’ di gente l’immagine dell’orco puzzone, dell’impresentabile col toupet che – sorpresa – fa la storia. Anzitutto agli analistoni, agli espertoni, ai dotti: giuravano che il secondo mandato Trump sarebbe stato una tragedia, che avrebbe aperto le porte all’apocalisse, alla guerra globale. Sono poi gli stessi che dalle terrazze di New York nel 2016 avevano previsto che Trump non avrebbe vinto contro Hillary Clinton, e nel 2020 che sarebbe scomparso dopo quella sconfitta un po’ anomala; e che infine ci avevano assicurato che non avrebbe mai prevalso sulla “joy” di Kamala Harris. E poi dedichiamo l’immagine di Trump che fa la storia a quelli che dagli anni Settanta ci rompono le palle con il declino americano: ricordate quando Eugenio Scalfari diceva che l’Unione Sovietica stava per superare gli Stati Uniti…?

E infine la dedichiamo agli esponenti della sinistra nostrana, Elly Schlein in testa, la leader del Pd che aveva detto “se io fossi a Palazzo Chigi Donald Trump non sarebbe un alleato”. E la dedichiamo anche alle surreali piazze italiane degli sbandati pro-pal, le truppe di Francesca Albanese, le truppe di Maurizio Landini e anche del Pd, che si sono ritrovate ancora per dire che questo accordo non va bene, perché è un atto neocoloniale, che bisogna ancora bloccare tutto, dimostrandosi così perfino più radicali di Hamas, che quell’accordo l’ha firmato. E dedichiamo l’immagine di Trump che fa la storia ai pacifinti nostrani, che con una mano hanno sempre sfoggiato retorica sulla pace mentre con l’altra davano sponda alle canaglie islamiste o ad autocrati e dittatori vari nel mondo, perché il loro pacifismo è sempre nemico dell’Occidente.

La pace concreta di Trump è una pace che riporta l’Occidente alla guida dei processi storici globali e noi dedichiamo l’immagine di lui che scende la scaletta dell’aereo a Tel Aviv a tutti costoro, perché per l’ennesima volta non ci hanno capito nulla!


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