Trump da Nobel: lo pensano tutti tranne la sinistra
Giovanni Sallusti · 9 Ottobre 2025
Cari ascoltatori, Donald Trump merita il premio Nobel per la pace. Badate, non è una provocazione nostra: sapete chi sono i nuovi sostenitori di questa idea? Le due bibbie del giornalismo e dell’opinione liberal, il New York Times e il Washington Post, cioè i quotidiani dell’establishment, del deep state, del sistema federale, filo-dem. Proprio quel mondo che ha sempre vissuto Trump come un corpo estraneo, che lo ha anche irriso, all’inizio della sua carriera politica.
Leggete il NYT: “L’accordo tra Hamas e Israele rappresenta la prova definitiva del suo obiettivo di mediatore e pacificatore e quindi aspira legittimamente al Nobel”. L’editoriale rincara anche la dose: “Se il piano di pace andrà avanti, Trump potrebbe avere diritto al Nobel tanto quanto i quattro presidenti americani che lo hanno vinto in passato”, Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, Jimmy Carter e Barack Obama. Secondo noi Trump lo merita più di Jimmy Carter, la cui politica estera fu disastrosa e generò la percezione di un’America debole, cui dovette rimediare Ronald Reagan. Ma soprattutto non lo meritava Barack Obama, al quale venne dato sulla fiducia per motivi ideologici (o cromatici, chissà).
Ancora più chiaro è stato l’editoriale del Washington Post: “L’annuncio che Israele e Hamas hanno accettato il piano del presidente Donald Trump per porre fine alla guerra di due anni a Gaza, potrebbe rappresentare il più grande successo diplomatico del suo secondo mandato. Infatti se l’accordo dovesse reggere Trump potrebbe legittimamente rafforzare la sua pretesa di essere un pacificatore degno del premio Nobel per la pace. Ciò che ha fatto la differenza è il coinvolgimento personale di Trump”.
Chi sono gli unici rimasti a non arrendersi all’evidenza? I soliti compagni della sinistra italiana, che per moderazione e attitudine al dialogo sono stati scavalcati perfino da Hamas: leggete le dichiarazioni odierne dei due pseudo-leader del campo pseudo-largo, cioè Elly Schlein e Giuseppe Conte, e noterete che – sorpresa! – il nome Trump non compare neppure.
Elly Schlein ha dichiarato che “oggi è un passo decisivo ma il cammino della pace sarà ancora lungo”. Ovviamente, questo è un capolavoro diplomatico in fieri. E aggiunge: “Vanno ringraziati gli sforzi degli Stati Uniti, del Qatar, dell’Egitto e della Turchia”, e ancora il nome maledetto non vien fuori.
Peggio fa Giuseppe Conte, che è “emozionato dell’annuncio della tregua”, ma si augura che “questo primo passaggio segni una svolta definitiva e possa garantire un processo di pacificazione che metta al centro l’effettiva autodeterminazione del popolo palestinese”, cioè fa trapelare il suo sospetto sul bieco affarismo che, allude, ci sarebbe dietro l’accordo. Ma quel che dicono questi due è perfino marginale, perché al momento i due veri leader della sinistra sono Maurizio Landini e Francesca Albanese: sono loro a dare la linea sul Medio Oriente e su Gaza. È la sinistra ridotta a cartello pro-pal fuori tempo massimo, che si attarda nelle piazze ideologiche mentre la storia corre avanti e si fa sotto i nostri occhi: la sinistra Landini-Albanese è rimasta l’unica entità al mondo a non capire che, al di là della decisione che verrà presa dall’Accademia, è la cronaca ad aver già dato il premio Nobel per la pace a Donald Trump.