Il Pd commissaria Sala e riesce anche a peggiorarlo
Giovanni Sallusti · 21 Luglio 2025
Cari ascoltatori, il sindaco-ex grande manager Beppe Sala, re dei bizantinismi e decisionista che non decide, nelle ultime ore ha deciso di applicare al suo percorso politico un vecchio teorema scolpito nella pietra da Giulio Andreotti: tirare a campare è sempre meglio che tirare le cuoia. Al netto degli entusiasmi con cui i giornaloni raccontano il summit di Sala con i vertici milanesi e lombardi del Pd, la morale è quella che ha scritto stamane Libero: il piccolo soviet delle ztl gli ha fatto un processino. In pratica il partito lo ha commissariato, gli ha imposto la linea, condizione imposta per lasciarlo al suo posto a trascinarsi fino a fine mandato.
L’incontro è stato tra il sindaco, la segretaria regionale Silvia Roggiani, il segretario metropolitano Alessandro Capelli, la capogruppo a Palazzo Marino Beatrice Uguccioni. Su tutti loro su aleggiava Elly Schlein, perché tutti i ruoli apicali del Pd, da Roma all’ultimo comunello, sono occupati da schleiniani. La conclusione: oggi dovrebbero arrivare le stra-prevedibili dimissioni dell’assessore Tancredi, il più coinvolto dall’inchiesta sull’urbanistica. E poi si andrà avanti “con un approccio costruttivo” come recita il comunicato da prima Repubblica, “e dopo questa verifica fatta si va avanti con un cambio di passo”, insomma politichese puro.
Nella pratica, si tenterà di portare in fondo la vendita di San Siro, anche se i tempi sono proibitivi, perché il 10 novembre scatterà il vincolo della soprintendenza sul secondo anello rosso che renderebbe impossibile l’operazione. Gli altri punti dell’accordo fra Sala e i maggiorenti del Pd è un compromesso al ribasso in cui ci rimetteranno i milanesi, già provati dal doppio mandato. Si chiede infatti “un investimento importante sul tema della casa, dall’edilizia popolare al piano per trovare alloggi ad affitti sostenibili o calmierati”. Tutte cose o sbagliate, o che Sala non ha fatto in otto anni: sarà difficile gli riesca un colpo di reni adesso. L’aspetto più inquietante, però, è che le due parti hanno convenuto sulla necessità di una maggiore determinazione sulle politiche green, sulla mobilità sostenibile. In pratica il Pd accetta di tenersi Sala a Palazzo Marino, per la gioia dei milanesi, con questo patto: intanto stop allo sviluppo urbanistico edilizio, e già questo non ha senso: ci saranno state lacune, ci sarà stato un giro di amicizie attorno allo sviluppo urbanistico, l’inchiesta avanzerà, ma che la capitale economica d’Italia guardi comunque allo sviluppo urbanistico dovrebbe essere scontato. È il metodo di Sala che è sbagliato, sequestrare la città attorno ai dogmi green, fino a vietare di tagliare l’erba per preservare la biodiversità nel mezzo di una metropoli. E intanto l’automobilista milanese che non vive nella ztl ma deve andare a lavorare subisce divieti, balzelli, imposizioni, vessazioni ispirati al gretinismo, le aree B e C, i divieti alle auto di vecchia generazione di entrare nel centro, le piste ciclabili a pioggia, fino al dimezzamento di un’arteria come Corso Buenos Aires.
Ecco, nei prossimi due anni avremo ancora meno sviluppo e ancora più follie e fobie green, l’ipoteca ideologica e gretina graverà ancora di più sull’operato della giunta. Questo è il patto per rimanere a galla: così potrà forse tirare a campare Beppe Sala, ma noi non vorremmo che altri due anni sotto questa ipoteca finissero per far tirare le cuoia a Milano.