Ma la vera colpa di Sala è politica
Giovanni Sallusti · 17 Luglio 2025
Cari ascoltatori, a Milano rischia di venire giù tutto: nell’ambito della maxi-inchiesta sull’urbanistica milanese risulta indagato anche il sindaco Beppe Sala con due ipotesi di reato: la prima è “false dichiarazioni su qualità personale proprie o di altre persone”, che riguarda l’attestazione di assenza di conflitto di interesse per Giuseppe Marinoni, ex presidente della Commissione paesaggio, secondo l’indagine una figura chiave come cinghia di trasmissione tra l’amministrazione e gli interessi privati da cui Marinoni avrebbe avuto altri incarichi, di cui Sala avrebbe saputo. L’altra ipotesi di reato è “induzione indebita a dare o promettere utilità”, attorno al progetto voluto dal re del mattone Manfredi Catella e dall’archistar Stefano Boeri sul grattacielo Pirellino.
Sicuramente siamo inquietati e preoccupati, perché se l’amministrazione milanese ha abdicato a un’ottica di sviluppo della città in favore di un’ottica di interesse di una cerchia di amici o di cointeressati, è un problema, essendo Milano la punta più avanzata del Paese. Ma, con altrettanta fermezza, ovviamente siamo garantisti: tutti, avversari politici o no, sono innocenti fino al terzo grado di giudizio, come da Costituzione e civiltà giuridica. Per questo sconsigliamo il centrodestra di fare un’opposizione a rimorchio del partito delle Procure, puntando sull’iscrizione di Sala nel registro degli indagati.
Diciamo questo perché non bisogna distrarsi dalle vere colpe del sindaco di Milano e della sua amministrazione, che vanno stanate ma prescindono dall’esito dell’inchiesta. Sono colpe politiche, stanno nella visione della polis, nelle priorità di governo, nel bilancio che questa gente lascerà dopo due mandati alla guida della capitale economica del Paese. È un bilancio devastante. Prendiamo uno dei fronti più clamorosi, la sicurezza, anzi l’insicurezza diffusa in larghi strati della città, non solo periferici. Indice della criminalità 2024 del Sole 24 ore: oltre 7mila segnalazioni di reati per ogni 100mila abitanti, primato netto, poi vengono Roma, Firenze e altre città ben distanziate. Il capoluogo lombardo domina la classifica dei furti con 124.480 denunce: moltissimi quelli sulle auto in sosta, quelli nei negozi, più di 9.500 le denunce per i blitz nelle abitazioni; alta anche la classifica delle rapine, con 4.170 denunce in 12 mesi, di cui 2.700 rapine in strada, 413 negli esercizi commerciali, e 31.100 denunce per danneggiamento; sono drammatici anche i numeri sulle violenze sessuali.
La città di Milano oggi è una città radicalmente insicura, invasa soprattutto dalla microcriminalità: come insegnava Rudy Giuliani, il sindaco che ha ripulito New York, è quella la prima che va colpita. Ci sono poi interi quartieri, come il Corvetto, espropriati da squadracce di immigrati, ricordate le scene di Piazza Duomo con gente soprattutto di seconda generazione che urlava “Italia merda” e si dedicava all’aggressione sessuale di massa, la Taharrush gamea, nel silenzio tombale di Beppe Sala.
Il sindaco però è stato molto attivo quando si è trattato di seppellire di tasse, balzelli e divieti i milanesi, istituire aree con cui taglieggiare gli automobilisti o rendere del tutto inaccessibile la città ai lavoratori non dotati di auto di ultima generazione, dimezzare le carreggiate delle arterie per far posto a ciclabili insensate: un’ottica classista anche della mobilità guidata da una demenziale pseudo-ideologia green.
Sala ha steso su Milano una cappa ideologica che l’ha resa insicura, ipertassata, classista e ossessionata dai desideri della ztl e della prima cerchia dei bastioni; tutto quello che ne sta fuori, cioè chi vive e lavora, non è di suo interesse. Questo è il bilancio di governo di Beppe Sala e anche la sua vera colpa a prescindere dall’inchiesta: che ci inquieta ma non è un argomento politico dirimente, mentre lo è il fallimento amministrativo del suo Comune.