Ma davvero Putin vuole finire vassallo della Cina?

· 14 Luglio 2025


Cari ascoltatori, il pokerista Donald Trump va “all-in” nella partita della guerra in Ucraina con Vladimir Putin, che intanto continua a giocare a scacchi: ha chiamato l’ultima mano del tentativo di negoziato secondo la sua visione. Lo schema è simile alla partita con l’Iran: Trump ha ricercato per mesi un deal sul programma nucleare iraniano, gli ayatollah si sono mostrati chiaramente non disposti a un accordo produttivo, e allora Trump ha azzerato il programma nucleare iraniano con le bombe.

In questo caso, scenario, interlocutori e posta in gioco sono diversi, e Trump è un realista, non è un interventista scomposto, quindi dice a Putin: “Sono davvero insoddisfatto del comportamento della Russia, imporremo dazi molto severi se non avremo un accordo entro 50 giorni: dazi del 100% sul valore dei beni. Non solo: abbiamo fatto un accordo oggi per mandare armi all’Ucraina. Oltre al sistema difensivo Patriot manderemo il meglio alla Nato, e sarà un’operazione coordinata con la Nato”. Quindi dazi come strumento geopolitico-commerciale (come nella partita con l’Unione europea) in contrasto alla tetragona volontà russa di continuare a rosicchiare chilometri di Donbass e a ignorare che, prima o poi, un accordo con gli Usa Mosca dovrà per forza farlo. I dazi più pesanti saranno quelli secondari, che andranno a colpire i Paesi che continuano a commerciare con la Russia, ad acquistare petrolio, gas, uranio e merci varie: al Congresso sta andando avanti un disegno di legge bipartisan che prevede una tariffa del 500% per i Paesi che commerciano con la Russia.

Ovviamente il mainstream non si è stancato di cannare letture, quindi dobbiamo ribadirlo: con questo ultimatum a Putin va in fumo per l’ennesima volta la narrazione di Trump filo-putiniano, o addirittura subordinato a Putin. Trump agisce sempre con in mente la pace attraverso la forza, nell’interesse americano, che in questo caso è chiudere il conflitto in Ucraina, mettendo sul tavolo dazi e armi.

Vladimir Putin a un certo punto dovrà scegliere: un muro contro muro con l’Occidente, quindi con gli Stati Uniti, significherebbe ufficializzare la propria posizione di vassallo della Cina, di entrare nella sfera di influenza globale del Dragone: Putin dovrebbe sdoganare che la Russia, con tutta la sua storia nazionale, culturale, e data anche la rivalità geostrategica secolare con la Cina, metta tutto tra parentesi e vada sostanzialmente a servizio di Pechino. È interesse di Putin che vada a finire così? A noi continua a sembrare di no.


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