Bravo Valditara: chi boicotta la maturità non è maturo
Giovanni Sallusti · 11 Luglio 2025
Cari ascoltatori, che cosa caratterizza oggi una politica conservatrice, qual è la differenza di visione del mondo, culturale con una politica progressista, per di più in questa stramba forma woke di oggi? È che una politica conservatrice ha come stella polare la realtà, mentre il progressismo woke segue le proprie turbe, a volte legittime, più spesso ideologiche, ma sempre scisse dalla realtà. E allora salutiamo un felice atto di politica conservatrice da parte del ministro dell’Istituzione e del merito Giuseppe Valditara, che ha detto: se qualche studente boicotta scientemente l’orale dell’esame di maturità, cioè si rifiuta di sostenerlo – non ha difficoltà temporanee, resta in silenzio su alcune domande, non ricorda delle cose, ha un momento di disagio emotivo contingente – per contestarlo, la sua scelta implica la bocciatura e il fatto che lo studente ripeterà l’anno.
Ci rendiamo conto che è ribadire una cosa ovvia, ma di fronte alle turbe progressiste spesso tocca farlo, perché questa moda di rifiutarsi di sostenere l’orale sta inflazionando. Fra i casi più recenti, una liceale di Belluno ha scelto di fare scena muta, contestando i meccanismi di valutazione scolastici, l’eccessiva competitività, i docenti che non hanno capito le sue difficoltà. Attenzione: i docenti, come tutti, soffrono del fatto che l’umanità è un legno storto, ci sono quelli eccellenti e quelli buoni, quelli mediocri e quelli scarsi. Un docente che non si relaziona con lo studente come persona, prima che come studente, è un docente scarso. Ma va anche detto che con il legno storto dell’umanità i ragazzi avranno a che fare per tutta la loro vita, nel lavoro, nelle relazioni, nelle scelte, nei contrasti: e non tutte le relazioni e le persone sono soddisfacenti. Non è un motivo per boicottare l’esame di maturità.
Al liceo scientifico Fermi di Padova, un 19enne, acquisito che con gli scritti aveva superato la sufficienza, si è rifiutato anche lui di sostenere l’orale. A Firenze un terzo caso, un ragazzo di un istituto privato: tutti contestano il sistema e la valutazione, e il fatto che i docenti siano più legati alle nozioni che alle persone. Ribadito che in questo Paese il nozionismo è ampiamente superato, e che da solo è sicuramente sterile, non si può fare neanche una guerra alla nozione in sé, perché è la base di partenza su cui costruire visioni, percorsi personali e professionali; ed esiste una differenza tra chi possiede una nozione e chi no.
C’è anche una questione che va oltre questo aspetto: la responsabilità personale, il merito individuale, il fatto che non può esistere una dittatura dell’io e dei suoi capricci. L’io va inserito in un mondo che è anche un mondo di regole. E soprattutto se lo vuoi cambiare ti ci devi relazionare, non puoi chiamarti fuori.
Insomma, questa moda è un classico caso buonista di pseudo-contestazione della realtà. Ma se contesti la realtà te ne collochi fuori: nella fattispecie ti collochi fuori dall’esame di maturità e quindi ripeterai l’anno e l’esame. Ovviamente sono partite le polemiche sui giornaloni, per esempio Repubblica: “Non ignoriamo il malessere di quei ragazzi”. Il malessere non va mai ignorato, e la generazione che ha sostenuto la maturità nei giorni scorsi ha subìto l’esperienza devastante della pandemia che ha generato un’enorme emergenza psicologica. Ma i passi che bisogna fare con questi ragazzi devono essere in avanti, non all’indietro, come negare la scuola e quel che significa. La scuola deve dare anche un bagaglio di conoscenza e trasmettere l’ovvietà che a un certo punto si hanno delle responsabilità, ci sono dei momenti di valutazione, come poi è sempre nella vita. Chi si colloca fuori da tutto questo sta in una bolla; ma, credeteci, è molto meglio stare nella realtà.