Se la Cassazione ha il torcicollo… a sinistra
Giovanni Sallusti · 1 Luglio 2025
Cari ascoltatori, ieri vi abbiamo raccontato della nuova stella polare nel firmamento progressista, l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, “il nostro ufficio studi”, l’ha definito la presidente della Corte Margherita Cassano: oggi su tutti i giornaloni rappresenta il nuovo verbo per aver sfornato in due giorni due relazioni critiche su due provvedimenti chiave del governo, il Decreto sicurezza e il modello Albania sulla gestione dell’immigrazione.
Ora, non vorremmo che, oltre che nuovo riferimento delle truppe progressiste in assenza dei loro leader impegnati nell’imprescindibile Pride di Budapest, il Massimario facesse anche anche da buca delle lettere della sinistra: la domanda ci è sorta su un dato di cronaca riportato su Libero, dove viene raccontato quali sono le fonti cui attingono queste relazioni del Massimario, che tecnicamente “raccoglie i pareri della dottrina per svolgere il suo ruolo di ricognizione sulla coerenza delle leggi e delle norme”.
Se queste fonti, pur legittime e stimabili, sono associazioni chiaramente orientate, il dubbio che l’azione del massimario sia viziata da un pre-giudizio – in senso letterale – politico, acquisisce sostanza. Per criticare il decreto sicurezza si è pescato a piene mani dal lavoro di Articolo 21, un’associazione fondata da Giuseppe Giulietti, ex parlamentare di Ds e Italia dei Valori, il quale se ne è appuntato la medaglia affermando che “la Corte di Cassazione i punti di quell’appello”, cioè l’appello di Articolo 21 contro il decreto sicurezza, “li ha ritenuti non solo fondati, ma ha riportato nel testo della relazione ampi stralci”.
In pratica, l’asettico Massimario per criticare il decreto sicurezza attinge a piene mani dalla relazione di un’associazione chiaramente di sinistra. Giulietti ha avuto anche una lunga carriera in Rai ed è stato sindacalista del suo storico sindacato rosso, l’Usigrai; così come Roberto Natale, uno dei garanti di Articolo 21, che annovera anche l’ex senatore dei Ds Vincenzo Vita. Anche i giuristi che hanno sostanziato con il loro parere l’appello di Articolo 21 hanno biografie riconoscibili: per esempio Roberto Zaccaria, ex deputato dell’Ulivo e del Pd. Insomma, vengono riportati solo pareri critici di esperti di parte politica avversa a quella del governo.
Lo stesso discorso vale per la relazione sul protocollo Albania. Qui Articolo 21 non c’entra, ma a essere la fonte sono i giuristi che già in passato hanno attaccato il modello Albania: è un circolo ideologico, e uno strano modo di essere tecnici e asettici. Questa storia ci pare rappresenti un eterno irrisolto italiano, l’eterna contiguità tra un pezzo della sinistra politica e un pezzo, anche a livelli altissimi, dell’ordine giudiziario. Una saldatura che emerge soprattutto quando l’opposizione strettamente politica è in difficoltà, come accade oggi, visto che i sondaggi indicano un aumento di consenso per i partiti di governo, che a metà legislatura rappresenta un’anomalia. Tutto già visto, ma non per questo è normale, non per questo dobbiamo per forza abituarci.