Il cardinale Re dà la linea: un Papa che parli di Dio

· 8 Maggio 2025


Cari ascoltatori, mentre parliamo sono iniziate le prime operazioni di voto per l’elezione del nuovo Papa della Chiesa Cattolica. In questa fase si può dir poco, ma possiamo comunque cogliere alcuni segnali che, data la materia, non sono irrilevanti. Prendiamo le parole dell’omelia del Cardinale decano Giovanni Battista Re, pronunciata alla Messa “pro eligendo Romano Pontefice” nella Basilica di San Pietro. Ovviamente la nostra è un’interpretazione arbitraria, che non può essere gettata nel frullatore della semplificazione, però le sue parole ci sono sembrate indicative di una direzione concettuale. Vi citiamo quelle a nostro giudizio più salienti.

“Fra i compiti di ogni successore di Pietro vi è quello di far crescere la comunione: comunione di tutti i cristiani con Cristo; comunione dei Vescovi col Papa; comunione dei Vescovi fra di loro. Non una comunione autoreferenziale, ma tutta tesa alla comunione fra le persone, i popoli e le culture, avendo a cuore che la Chiesa sia sempre ‘casa e scuola di comunione'”. Qui da un lato è presente una prospettiva di continuità con il pontificato di Papa Francesco, nel concetto di comunione, del dialogo tra i popoli e le culture; dall’altro echeggia anche un problema strutturale della Chiesa che il papato di Francesco non ha risolto, la perdita di fedeli, che dovrà essere in cima all’agenda del nuovo Papa.

Poi il Cardinale Re ha ricordato, in modo molto opportuno per coloro che riducono il Conclave a una variante del fantacalcio, che “l’elezione del nuovo Papa non è un semplice avvicendarsi di persone, ma è sempre l’Apostolo Pietro che ritorna”: in quel che sta accadendo c’è una dimensione trascendente sia in senso letterale, sia nel senso che trascende la persona che sarà scelta dal collegio cardinalizio.

Dopodiché, e queste sono probabilmente le parole filosoficamente più pregnanti: “Preghiamo quindi perché lo Spirito Santo, che negli ultimi cento anni ci ha donato una serie di Pontefici veramente santi e grandi, ci regali un nuovo Papa secondo il cuore di Dio per il bene della Chiesa e dell’umanità. Preghiamo perché Dio conceda alla Chiesa il Papa che meglio sappia risvegliare le coscienze di tutti e le energie morali e spirituali nella società odierna, caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio”. 

Il Cardinale Re si augura un Papa che sia all’altezza della sfida di un mondo, come avrebbe detto il filosofo Martin Heidegger, che in realtà è dominato dalla tecnica e in cui scompare la dimensione di Dio: lo stesso Heidegger arrivò alla famosa sentenza “ormai solo un Dio ci può salvare”. È evidente che qui il Decano, evocando il Dio cristiano, intende anche il messaggio cristiano, i valori cristiani, la diversità cristiana, l’unico grande monoteismo fondato sul fatto scandaloso che Dio si incarna in un uomo. E infatti poi precisa: “Il mondo di oggi attende molto dalla Chiesa per la salvaguardia di quei valori fondamentali, umani e spirituali, senza i quali la convivenza umana non sarà migliore né portatrice di bene per le generazioni future”.

Ci viene da notare che in questo identikit molto generale, tratteggiato dal Cardinale Re, risuonano meno certe parole d’ordine molto mondane, sulla declinazione da parte della Chiesa di istanze come la giustizia sociale, il cambiamento climatico e via dicendo; mentre è ben presente la grande questione di un mondo, soprattutto di un’Europa, di un Occidente, che tende a dimenticare il suo Dio, che è quello cristiano. Questo ci sembra un punto dirimente, ed è interesse di qualunque cristiano – quindi di qualunque europeo e occidentale, credente o meno – che rimanga il baricentro di quello che accadrà in questi giorni.


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