Sui dazi Usa Giorgetti fa lezione agli euroisterici

· 17 Aprile 2025


Cari ascoltatori, prima che cominciasse l’incontro ufficiale alla Casa Bianca tra Donald Trump e Giorgia Meloni un alto funzionario della Casa Bianca ha fatto trapelare che Trump e Meloni hanno una “very special relationship”, una relazione molto speciale, definizione non scontata (all’avvocato Giuseppe Conte non è mai capitato), che di solito è riservata al Regno Unito. “Gli Stati Uniti”, ha aggiunto, “sono orgogliosi della nostra alleanza strategica con l’Italia e non vediamo l’ora di farla evolvere e continuare il rapporto stretto tra il presidente Trump e la presidente Meloni”.

Questa cosa non è casuale e si spiega con un approccio oggettivamente diverso che il nostro governo sta tenendo rispetto all’isteria europea/eurocratica sulle politiche dell’amministrazione Trump, in particolare la questione dei dazi e quello che essa sottende: non è che Donald Trump sia svegliato una mattina e abbia iniziato a tempestare il mondo di dazi senza alcuna logica, non è di certo masochista.

L’atteggiamento del governo italiano è evidente, per esempio, nelle dichiarazioni rilasciate oggi dal ministro dell’Economia della Lega Giancarlo Giorgetti durante l’evento a Roma di presentazione di “Moneta”, il settimanale economico dei quotidiani Il Giornale, Libero e Il Tempo. Intervistato dal direttore di Libero Mario Sechi, Giorgetti, dopo aver sottolineato il rating ricevuto da Standard & Poor’s che ha fatto scoppiare parecchi fegati in varie redazioni, ha parlato dell’agenda Trump, “parecchio complicata per via dei dazi, ma ci sono tante altre questioni di carattere bilaterale” e ha ricordato che già con Joe Biden era cominciato un “protezionismo camuffato”, mentre Trump ha voluto esplicitamente segnalare la necessità “di riscrivere le regole del commercio globale”.

A differenza degli euroisterici, il ministro dell’Economia italiano dice che nelle presunte mattane di Trump c’è una logica, alla cui base c’è una ragione storica, una situazione di squilibrio nel commercio globale, e che il suo scopo è “trovare una via per ripianare questa situazione”, riferendosi anche al ruolo crescente della Cina. L’abbaglio della globalizzazione ha fatto diventare il Dragone la fabbrica del mondo, edificata sulla concorrenza sleale nei confronti dell’Occidente, perché in Cina non ci sono né diritto del lavoro né diritto delle persone. Questa situazione ha fatto saltare intere filiere economiche in America e in Europa, nonché lo stesso concetto che l’Occidente sia un luogo dove si produce. Come ha detto recentemente Edward Luttwak, il rischio è che l’Occidente diventi un luogo di mero consumo di cose che vengono prodotte altrove, principalmente in Cina.

Giorgetti ha poi chiuso con una battuta molto efficace: “In questo seno il Wto è morto, ma combatte contro di noi”. È morto dai primi anni 2000, quando l’amministrazione democratica a guida Bill Clinton accolse la Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio senza chiedere al regime cinese un adeguamento dei canoni minimi di libertà, dando così via libera alla la concorrenza sleale e quel che ne è conseguito. Ma combatte contro di noi perché è oggi una finzione che ci si ritorce contro e fa solo l’interesse di altri, in particolare del regime comunista di Pechino.

L’azione politica di Trump si inserisce in questo contesto e per relazionarsi in modo costruttivo va compresa: ed è una logica che ci riguarda, se si pensa a quante filiere storiche, quante eccellenze del tessuto produttivo italiano hanno sofferto esattamente questo problema. Il commercio mondiale è morto ma combatte contro di noi è perché è diventato lo strumento ideologico dell’opa del regime cinese sul mondo: Xi Jinping ha aggiornato la dottrina del partito unico facendo mettere nero su bianco che il suo obiettivo è il dominio globale.

In questo quadro, Giorgetti ci ricorda che il governo italiano ha un approccio non isterico ma costruttivo, che di Trump condivide la logica di fondo e che punta a ottimizzarla nell’interesse anzitutto dell’Italia. Da parte del ministro dell’Economia ci sembrano ottime premesse.


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