Toh, sui dazi del compagno Xi nessuno fiata

· 23 Dicembre 2025


Cari ascoltatori, nell’eterno alfabeto doppiopesista in cui annaspa la contemporaneità, stamattina scopriamo che esistono dazi e dazi, e alcuni sono meno dazi di altri. Meno inquietanti, meno apocalittici? Di sicuro quelli messi dal compagno Xi Jinping, leader maximo del fronte antioccidentale unito, pare che non dèstino lo stesso scandalo di quelli di Trump.

Eppure non ci sarebbe da stare proprio tranquilli: questa mattina sono entrati in vigore dazi molto pesanti voluti dalla Cina rispetto ai prodotti dell’Unione Europea del settore caseario: latte, formaggi, cremeria, un comparto non secondario per l’economia del continente e per il Made in Italy. I dazi cinesi oscillano fra il 21,9% e oltre il 42%, ma sulle prime pagine dei giornaloni oggi non li trovate: ai liberisti da salotto, dei dotti o pseudo-dotti esperti economici di casa nostra, non suscitano alcun allarme.

L’ironia è anche doppia perché la Cina li impone rimproverandoci che i prodotti Ue usufruiscono di sussidi da parte di Bruxelles e quindi “drogano” la concorrenza. Ora, è noto quanto noi abbiamo in simpatia le politiche del leviatano di Bruxelles: zero. Però che proprio la Cina accusi qualcuno di concorrenza sleale è uno dei mega-paradossi in cui siamo intrappolati.

Però è finalmente chiaro è che era una fola, meglio una solenne puttanata, che la Cina di Xi Jinping fosse il nuovo alfiere del liberismo e del libero commercio contro l’orco protezionista Donald Trump. Non è un’esagerazione, ma una tesi sostenuta dal Corriere della Sera, che parlò di Xi Jinping come di un liberista: il presidente cinese arrivò a Davos omaggiato dai potenti della finanza, stigmatizzando il protezionismo di Trump. La verità è che guida un Paese comunista retto da un partito unico, che attua una forma ibrida di capitalismo di Stato, dove il partito è nelle aziende, soprattutto di quelle grandi, e guida la politica industriale e commerciale.

A questo punto, a lorsignori toccherà cercarsi un altro anti-Trump, ora che è in piena luce che quanto a libero commercio Xi Jinping non ha esattamente tutte le carte in regola. Così come la totale assenza di allarme per le misure di Pechino ha portato a galla il congenito doppiopesismo della narrazione mainstream: se i dazi sono uno strumento malefico che mina il benessere globale, lo sono indipendentemente da chi li pone. Tanto peggio se non è uno staterello qualsiasi, ma la seconda potenza economica mondiale (che secondo gli espertoni è sempre in procinto di superare la prima ma poi non succede mai). Invece risuona il silenzio, perché la polemica sui dazi di Trump è ideologica, non coglie il cambio di paradigma per cui il dazio è uno strumento di lotta geopolitica. E in questa disputa fra Washington e Pechino noi coltiviamo l’idea che si debba continuare a guardare a ovest.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background