I maranza nuovi cocchi di letterati e sociologi
Alessandro Gnocchi · 21 Dicembre 2025
In questa puntata di “Alta tiratura”, Alessandro Gnocchi racconta una parola che è entrata di diritto nei nuovi vocabolari italiani: “maranza”. Questo termine ha ormai fatto ingresso nel lessico comune e recentemente ha debuttato ufficialmente nel “Libro dei fatti” della Treccani 2025, il testo che ogni anno registra i neologismi che si sono affermati fra i quali alcuni entreranno nel dizionario, mentre altri saranno dimenticati perché usciranno dall’uso comune.
Secondo la Treccani, i maranza sarebbero gruppi di giovani che, con comportamenti arroganti e smargiassi, occupano zone delle città e possono avere un fare intimidatorio e darsi da fare nei rami della micro-criminalità. In realtà questa è una definizione un po’ edulcorata, visto che la parola nasce dall’incrocio tra “marocchino” e “zanza”. Con questa parola si va quindi a indicare genericamente l’immigrato di prima o di seconda generazione, emarginato sociale, che tende a rubare, borseggiare, truffare, imbrogliare. Insomma: è legato al mondo del crimine, in particolare a traffici illeciti nelle periferie delle città.
Probabilmente, l’elemento che ha portato alla luce al grande pubblico per la prima volta questa figura è stato un film, “L’odio” di Mathieu Kassovitz, ambientato nelle banlieue parigine, dove si vedono i figli dei magrebini che fanno i conti con il centro della città, tra di loro e con le forze dell’ordine. È una pellicola molto dura, il cui finale è caratterizzato dalla frase famosa “Fino a qui tutto bene”. Come dire che la situazione è sempre più fuori controllo: ci illudiamo di trovarci in una situazione positiva, ma poi in realtà ci si schianta a terra. Un po’ quello che sta succedendo ora nella Francia di Emmanuel Macron.
L’appropriazione che ne deriva è che se una figura diventa marginale, allora merita l’attenzione del socialista umanitario, dell’uomo di sinistra che deve salvare il mondo dalla povertà e accusare la borghesia di essere sfruttatrice. Il maranza, in pratica, è il nuovo cocco dell’intellettuale, il nuovo perseguitato da difendere, e anche il nuovo soggetto rivoluzionario. E così si è aperto anche un cospicuo filone letterario, il cui archetipo è “I dannati della terra” di Frantz Fanon, che nel 1961 indicava nel terzo mondo il nuovo soggetto rivoluzionario. Oggi fiorisce la pubblicazione di libri che vedono invece nell’immigrato di seconda generazione il nuovo protagonista, quello che si può opporre alla borghesia e rovesciare il sistema politico.
Un titolo è proprio “Maranza di tutto il mondo unitevi”, scritto dalla franco-algerina Houria Bouteldja, che teorizza la loro rivoluzione. Altri esempi: “La periferia vi guarda con odio” di Gabriel Seroussi, anch’egli francese, e “Pisciare sulla metropoli” di Tommaso Sarti. Se un tempo per alcuni “maestri” del pensiero erano i popoli colonizzati e sfruttati ad avere legittimazione all’esercizio della violenza contro la borghesia, adesso i nuovi soggetti politici sono i balordi di periferia che si esibiscono su TikTok.
Tra gli altri titoli che si possono citare abbiamo “Riot. Sciopero. Riot: una nuova epoca di rivolta” del poeta e docente alla University of California Joshua Clover, dove il nichilismo esistenziale diventa negatività assoluta: l’impossibilità di incidere sulla società diventa odio e quindi rivolta anche attraverso lo sciopero. Infine, il volume più significativo è “Restare Barbari. I selvaggi all’assalto dell’impero” della giornalista franco-algerina Louisa Yousfi, che teorizza l’attacco al capitalismo realizzato dai giovani delle periferie, dai diseredati, dai figli degli immigrati mai davvero integrati. La sinistra finisce sempre con lo sposare personaggi di questo tipo: e storicamente non è finita mai bene, per lo più o si è conclusa in farsa oppure in tragedia.
