Se i bimbi del bosco restano “sequestrati” a Natale
Giovanni Sallusti · 19 Dicembre 2025
Cari ascoltatori, non c’è bisogno di aver visto “La vita è meravigliosa” di Frank Capra, capolavoro di filosofia natalizia, per capire che negare i bambini ai genitori durante il Natale è uno sfregio doppio, è una ferita esistenziale doppia che si infligge a una bambina di 8 anni e a due gemelli di 6, i quali già nella quotidianità non vedono mai il padre e vedono la madre solo quando la burocrazia lo consente.
Poche ore fa la Corte d’Appello dell’Aquila ha rigettato il ricorso presentato dai legali di Nathan Trevillion e Catherine Birmingham, i genitori della “famiglia nel bosco”, contro l’ordinanza del Tribunale per i minorenni che dal 20 novembre ha sospeso la loro responsabilità genitoriale e ha disposto il collocamento dei tre figli in una casa-famiglia alla periferia di Vasto, dove in genere vengono ospitati donne e bambini “a rischio”, per esempio oggetto di violenza.
La Corte ha sostenuto che il provvedimento di revoca della responsabilità genitoriale fu corretto e che non ci sono motivi formali per sospenderlo. Gli avvocati della famiglia hanno fatto notare che questa cosa avviene nel 70% dei casi e che rimane aperta la possibilità che il Tribunale torni sui suoi passi. E questo è il nostro auspicio.
Rimane il fatto che per ora i bambini non passeranno il Natale nel luogo deputato alla sua celebrazione, cioè il focolare familiare, il momento di intimità anzitutto con mamma e papà. Questa decisione sarebbe appunto motivata dal fatto che il provvedimento adottato era giusto, perché tra le altre cose si riscontrava che “i minori sono arrivati poco puliti, con un’igiene approssimativa, hanno mostrato stupore per pratiche di igiene quotidiana e avrebbero mostrato una scarsa scolarizzazione”. Stiamo parlando della scolarizzazione di bambini di sei anni e di una scarsa confidenza con delle pratiche igieniche quotidiane nella normalità familiare: se questi motivi sono sufficienti per togliere de bambini ai genitori, ci aspettiamo un’operazione a tappeto delle forze dell’ordine in tutti i campi rom, dove i bambini non solo soffrono scarse scolarizzazione e igiene, ma vengono spesso usati come strumenti inconsapevoli di delinquenze, sono soggetti a violenze; mentre i bimbi del bosco dimostrano attaccamento ed empatia spontanea e profonda verso le figure genitoriali. Allora, forse dovremmo riflettere sulla nozione di sequestro.
Pochi giorni fa, sul caso Open Arms la Cassazione ha deciso che non è stato sequestro di persona impedire lo sbarco di una nave che portava immigrati clandestini sul suolo italiano. Non vorremmo che nella vicenda della famiglia nel bosco ci si trovasse davanti a un paradossale – stiamo usando un’iperbole, non sarà sicuramente così nei fatti – rischio di un sequestro di Stato di questi bambini: si misura il “grado di collaborazione dei genitori”, che va benissimo in caso di violazioni palesi, ma di fronte a uno scenario che sembra perlomeno in chiaroscuro, può sembrare in bilico su una logica ricattatoria, tipo ‘esaminiamo il grado di collaborazione e in base a questo ti restituiamo oppure no i figli’.
Ma soprattutto scegliere di non restituirli a Natale, non concedere una sospensione di questo iter che a noi sembra folle e discutibile di per sé, almeno a Natale non contemplare un’eccezione, farà sì che questi tre bambini non celebreranno il Natale dove, se interpellati, sicuramente lo vorrebbero celebrare: a casa, con mamma e papà.
