Ma dove vivono i giudici che hanno liberato Shahin?

· 15 Dicembre 2025


Cari ascoltatori, la domanda di stasera è: ma in che mondo vivono alcuni giudici? Che priorità coltivano, che senso della contemporaneità hanno? Che notizie leggono, che realtà vedono? È una domanda che nasce dalla seguente notizia: la Corte d’Appello di Torino ha annullato il trattenimento nel Cpr di Caltanissetta, in conseguenza di un provvedimento di espulsione, dell’imam Mohamed Shahin, predicatore islamico e guru del mondo pro-pal torinese più duro: per intenderci, i galantuomini che hanno fatto l’irruzione squadrista nella sede della Stampa, devastandola. Ebbene, le toghe torinesi hanno accolto il ricorso degli avvocati del signor Shahin, secondo i quali non ci sarebbero elementi per sostenere i motivi di sicurezza per lo Stato o di ordine pubblico. Questa decisione annulla il provvedimento di trattenimento, mentre sull’espulsione in sé dovrà pronunciarsi il Tar.

La cosa che ci lascia perplessi (eufemismo) è la logica con cui i giudici non hanno riscontrato motivi per trattenere ed espellere questo imam, anche se il ministro Matteo Piantedosi aveva firmato il decreto per motivi di sicurezza nazionale. Ricordiamo che Shahin il 9 ottobre scorso ha qualificato il pogrom messo in atto da Hamas il 7 ottobre di due anni fa come “un atto di resistenza dopo anni di occupazione” e ha detto “sono d’accordo con quello che è successo”, come oggi è stato pubblicato in tutti gli articoli che si sono occupati di questo fatto. Shahin è d’accordo con l’entrare nelle case di civili, legare tra di loro i componenti di nuclei familiari, torturarli, dar loro fuoco, mettere dei bambini – financo neonati – nei forni, decapitarli, seviziare orrendamente e stuprare donne, dare la caccia al civile ebreo in quanto ebreo. Tocca ricordarlo ogni volta, perché notiamo che si tende a misconoscere questa realtà terribile. E infatti questo signore ha aggiunto che “il 7 ottobre non fu violenza”, frase che si commenta da sé.

Capite che dirsi d’accordo con il 7 ottobre è come dire che si è d’accordo con Auschwitz, con l’allestire una macchina sterminatrice dell’ebreo in quanto ebreo: la logica e la morale di Hamas sono le stesse di quelle del nazismo, e lo sono perfino i gesti, perché ai raduni di Hamas le braccia tese non mancano.

Ora che abbiamo ricordato la verità dei fatti, di chiediamo di nuovo: ma chi ha voluto questo provvedimento vive la stessa contemporaneità nostra, cioè la contemporaneità in cui l’Australia è stata colpita da una strage di ebrei in quanto ebrei, quella in cui gli ebrei sono sotto attacco in tutto il Vecchio continente, che invece dovrebbe per storia ed elezione rappresentare il mondo libero? Vive la stessa contemporaneità nostra, in cui siamo al cospetto di una dichiarata offensiva islamista, al centro di uno scontro di civiltà contro Israele e contro l’Occidente? Gli ebrei scappano, si nascondono, rischiano quotidianamente la vita nelle nostre strade: questi giudici, che realtà frequentano? Questa è una domanda davvero molto, molto inquietante.


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