“Parlando liberaMente” con Porro/ La banalità del bene: Dio ci guardi dai buoni
Giovanni Sallusti · 15 Novembre 2025
Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute dell’attualità politica e internazionale con Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale, conduttore di “Quarta Repubblica” e di “10 minuti” su Rete4, nonché autore del libro di recente uscita “L’inferno è pieno di buone intenzioni – I danni del buonismo” (224 pagine, edito da Piemme).
“Il ‘totalitarismo soft’ di cui parlo nel mio libro è la banalità del bene. Io diffido sempre dalle persone, anche dal punto di vista umano, che dicono: ‘Lo faccio per il tuo bene’. La prima risposta a questa frase è, per dirla alla romana: ‘Li mortacci tua’. Stai a casa e pensa ai fatti tuoi. Io non voglio che qualcuno faccia qualcosa per il mio bene, perché significa che pretende di sapere meglio di me in che cosa consista il mio benessere, e io a quel punto divento uno schiavo. Se volete farmi un favore per il mio bene, state il più lontani possibili da me. Poi, se a volerti fare da balia è lo Stato, le cose diventano ancora più terribili, perché lo Stato ha il monopolio della violenza: può prenderti la libertà e può tassarti. Figuratevi voi se dei burocrati possono individuare la curva del mio benessere: ma lasciatemi in pace!”.
“Il virus del buonismo non è un virus soltanto della sinistra. È molto indicativo vedere quando c’è l’unanimità in Parlamento, perché è una garanzia che stanno votando qualcosa che ha fini nobilissimi; ma alla fine è considerare i cittadini dei cretini, per cui loro ci spiegano come ci dobbiamo comportare. Per quanto riguarda la diffusione delle fake news, oltre a quelle che hanno riguardato il discorso di Trump taroccato dalla Bbc e le interviste inventate a Falcone e Borsellino, io ne aggiungerei un’altra: il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Barbara Floridia, che ha preso un video di Mario Sechi e ne ha fatto un copia-incolla per fargli dire un’altra cosa. Sono strumenti fenomenali di propaganda”.
“È ovvio che i leader politici debbano avere un elemento di empatia superiore agli altri per poter catturare i voti, ma questo grande mito dell’emotività e del dire la cosa giusta nel momento giusto ha reso la nostra politica vittima dei social network e dei follower. Noi non dovremmo avere più un politico che ci dica cosa dobbiamo fare noi, ma piuttosto che sia convinto di quello che si debba fare. Io voto un politico perché voglio che certe cose le faccia lui. E dopo vediamo come le ha fatte”.
“La resilienza è un altro concetto che mi fa impazzire. Innanzitutto perché è una di quelle frasi fatte per cui sembra che non esista più nulla di cui non si debba essere resilienti. Ma io voglio essere chiaro: non sono resiliente. Perché se lo fossi, sarei un metallo, non un essere umano. Nel termine metallurgico, la resilienza vuol dire che un metallo, dopo avere subìto una grandissima sollecitazione, ritorna com’era. Invece l’uomo, dopo una grande sollecitazione, impara qualcosa, cambia. Questa è la differenza tra una pietra e un essere umano. Se veramente riteniamo che noi dobbiamo rendere le nostre esistenze resilienti, vuol dire che sbagliamo la parola, oppure che siamo totalmente cretini”.
“Bisognerebbe discutere dell’Europa in maniera pragmatica, e non dogmatica come si è abituati a fare. Io sono uno dei pochi che contesta, dal punto di vista mediatico, il fatto che la CO2 sia la causa del riscaldamento del pianeta, quindi la ragione antropica. Ci sono studiosi formidabili che hanno la medesima obiezione, e il dubbio me lo pongo. Così come mi interrogo se sia importante per l’Europa avere il maggiore tasso di welfare del mondo, quando poi ha la crescita più bassa. Da che punto di vista è fenomenale l’Europa? Negli ultimi 40 anni non abbiamo prodotto nulla di straordinario dal punto di vista economico, letterario, artistico o tecnologico. Siamo fichi perché abbiamo una democrazia? Sì, è vero: però io mi preoccuperei più della libertà. E se voi quella me la state compromettendo, per cui non possiamo più dire quello che ci pare, siamo fottuti. A meno che non si parli del Manifesto Ventotene, una sorta di Mamdami degli anni ’40”.
“Con la crisi storica della sinistra marxista non si è più affermato che il capitalismo è marcio e che bisogna sostituirlo con un sistema di politicizzazione dei beni privati, ma si è detto che l’impresa non deve più occuparsi solo del profitto. Adesso sono arrivati questi fantomatici ESG (Environmental, social, and corporate governance) che devono controllare come viene rispettato l’ambiente, la sostenibilità e le minoranze. Una follia totale. Una società per azioni che non fa profitto è morta: quindi non avrà più lavoratori e non potrà più dare sostenibilità alle comunità che vivevano intorno a quell’azienda. Il virus è molto più subdolo: coloro che appaiono come quelli buoni e più attenti al sociale alla fine sono solo degli ipocriti che fanno finta di trovare altri scopi per cui l’azienda è nata”.
“La pandemia è stata una gigantesca prova di controllo sociale. Io non dico che sia stata una prova stabilita a tavolino, però ogni giorno sono riusciti a fare qualche cosa in più da questo punto di vista. La stessa cosa per quanto riguarda la guerra, che è uno strumento con cui si può giustificare il cambiamento di paradigmi della convivenza civile. L’ambiente, invece, è semplicemente una nuova religione: dovrebbero essere l’una il contrario dell’altra, eppure vanno braccetto. L’Europa è riuscita a passare dal Green Deal al Rearm Europe nel giro di pochissimo tempo. La buona notizia, perlomeno, è che il Ppe si è sganciato dai Socialisti: le sue mozioni per indebolire molti criteri di rispetto delle norme ambientali sono state votate dalla destra europea”.
