Mamdani, messia anti-Trump che vale metà Kamala

· 6 Novembre 2025


Cari ascoltatori, stiamo udendo un coro che intona “san Mamdani prega per noi” (si corre il rischio di un cortocircuito confessionali, visto quanto il nuovo sindaco di New York rivendica la sua identità islamica, con una spinta anche antiebraica e quindi antioccidentale): come avevamo previsto ieri, sui giornaloni unificati di stamane possiamo assistere a una ininterrotta omelia in lode di Zohran Mamdani, il nuovo punto di riferimento delle anime belle. E subito il campolargo nostrano si è comicamente unito al trenino dei festeggiamenti, come se la politica di Elly e Conte avesse avuto un minimo impatto sulle elezioni di New York.

Ovviamente è cominciato il contestuale funerale politico di Trump, che da stamattina è un uomo finito e la sua presidenza si è all’improvviso avviata verso il tramonto, ignorando che quando i democratici vincono a New York la sorpresa è pari a che il sole sorga la mattina.

Ecco gli entusiasmi fuori controllo su Repubblica: “Il sindaco dell’altra America”, cioè quella giusta, la loro, proiezione delle turbe ideologiche degli intellettuali europei. Gianni Riotta si spinge oltre: “Il primo passo di una riscossa ora possibile”. Pur esperto di cose americane, si lancia in un esercizio a dir poco spericolato, la proiezione del voto di New York su scala federale, come se San Francisco e tutto quello che c’è in mezzo fossero commensurabili e il voto nella Mela potesse innescare un contagio a favore dei dem in territori che non le somigliano in niente.

Peggio ci sentiamo con il surrealismo di Gabriele Romagnoli: “L’irresistibile corsa dell’esercito dei dimenticati”. Ma come: Mamdani sarebbe stato issato dai dimenticati di New York contro l’oligarchia economico-finanziaria che è l’ossatura, il dna dei democratici? Fra l’altro, costoro dei dimenticati se ne sono sempre fregati. È piuttosto il trumpismo come fenomeno politico a essere nato dando voce ai dimenticati della globalizzazione, al “forgotten man”, all’escluso dalle élite, tagliato fuori dal corso della storia. E fino a oggi i dem hanno continuato a irridere i dimenticati, li hanno ridotti a caricature, zoticoni ignoranti che votano l’orco col toupet.

Anche sulla entusiastica Stampa (“New York a Mamdani, l’America anti-Trump”) una commentatrice solitamente accorta e non radicale come Flavia Perina si è lasciata andare al peana collettivo ed è caduta in un contorto ammonimento alla destra nostrana a riflettere, in base al risultato di New York, sull’opportunità di stare meno con Trump.

Questo scatenamento con i cappelli che volano da tutte le parti ci ha fatto venire il dubbio che ci fosse sfuggito qualche dato, così siamo andati a dare un’occhiata alla cartina degli Usa: ci sono state vittorie democratiche importanti anche in Virginia e in New Jersey, dove alle ultime politiche aveva vinto Kamala Harris. Di nuovo, hanno vinto in feudi già loro, o dove avevano già incassato risultati favorevoli.

Ad averci colpito di più sono i numeri di Mamdani: nel 2024 Kamala Harris a New York aveva sfiorato i due milioni di voti e il 72%, Mamdani ha superato di poco il milione, il 51%. Ma allora dov’è questa rivoluzione, dov’è questo cigno nero, quale sarebbe questo evento che cambia la politica americana e mette in pericolo la presidenza Trump? Non c’è. Il racconto mainstream ignora l’esistenza di qualcosa oltre la east coast, tipo gli Appalachi, il Midwest industrializzato, le grandi praterie, e via dalle montagne rocciose fino in Texas.

È l’America a non avvalorare il quadro di lorsignori; e soprattutto i numeri, che se ne fregano della loro sbronza ideologica.


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