Arditti: questa foto ci dice che dobbiamo stare con Trump

· 1 Novembre 2025


Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute con Roberto Arditti, editorialista de “Il Tempo”, degli attuali fatti geopolitici, delle nuove mosse di Donald Trump, del ponte sullo Stretto di Messina e della recente approvazione in Parlamento della riforma della giustizia.

“Sul tema dei dazi ho fatto una scommessa per cui il totale delle esportazioni italiane presso negli Stati Uniti da qui all’estate 2026 non caleranno, anzi forse aumenteranno. Mi pongo questa domanda: perché se Trump parla di dazi viene giù il mondo, mentre se Mario Draghi lancia una pesante invettiva contro i tanti dazi tra Paesi dell’Unione europea e mai eliminati, tutti scattano ad applaudire? La verità è che ogni Paese prova a difendere la sua produzione da quella degli altri e i dazi sono uno strumento antichissimo che interviene sui commerci per mille ragioni. Se, in varie versioni, esistono da innumerevoli secoli, una ragione ci sarà, no?”.

“Secondo me Donald Trump e Xi Jinping si sono messi d’accordo su tutte le materie in cui avevano un solido interesse comune. Rimangono fuori da questo accordo ancora temi enormi sui quali è difficilissimo trovare una quadra: per esempio la Cina tifa per la prosecuzione della guerra in Ucraina e per la tensione in Medio Oriente. Due fronti sui quali la non soluzione dei problemi aiuta sotto il profilo geopolitico la Cina, perché tiene impegnata la Casa Bianca su fronti diversi da quello dell’Oriente. La Cina esercita la sua influenza non aiutando a risolvere né dell’uno né dell’altro dossier, e questo è un punto che dimostra che in questo momento più ci teniamo vicini gli americani e meglio è”.

“Venendo alla politica interna, in Parlamento c’è un disegno di legge prossimo all’approvazione definitiva che ridefinisce i poteri della Corte dei Conti: rimarrebbe intatta nel suo prestigio, ma certamente ne uscirebbe ridimensionata nel suo potere, diventerebbe qualcosa di simile a un organismo consultivo nella parte di avvio delle procedure. Questa riforma, voluta dalla maggioranza di centrodestra, non piace ai magistrati della Corte dei Conti. E intanto succede che, tra l’approvazione alla Camera e quella al Senato, la Corte dei Conti sancisce uno stop che certamente complica la vita al percorso del ponte sullo Stretto di Messina, la più importante opera pubblica italiana dalla costruzione dell’alta velocità. Ognuno giudichi a suo piacimento, ma la sequenza temporale delle eventi è questa”.

“Negli ultimi tre decenni molti Paesi europei sono rimasti imbrigliati in una imponente ragnatela di sistemi di controllo intorno alle scelte governative. Chi è causa del suo mal pianga se stesso: in America è un po’ diverso, abbiamo visto il presidente degli Stati Uniti firmare ordini esecutivi con cui cerca di bypassare la montagna di regole. Ecco, questo è un tema molto serio in democrazia, e clamorosamente molto sottovalutato. Nessuno vuole deviare verso sistemi autocratici, ma non si può neanche avere un gap alla radice. Perché poi quello che succede molto spesso è che a chi governa per un certo numero di anni gli elettori rimproverano che non è cambiato niente”.

“Sul ponte sullo Stretto, ho scoperto che della possibilità di unire Calabria e Sicilia si parlava anche negli atti parlamentari subito dopo l’unità d’Italia, nel 1870. Poi è diventato un emblema nella stagione di governo di Berlusconi e poi di Meloni, in particolare grazie a Salvini. Questa condizione, da sola, fa scattare in automatico a sinistra un meccanismo di opposizione. Tant’è vero che quando Prodi torna a Palazzo Chigi nel 2006 uno dei primi atti che compie è interrompere il procedimento amministrativo, compresa l’aggiudicazione della gara, tra l’altro esponendo la Repubblica italiana a rischio risarcimento. Insomma: nella Seconda Repubblica è sempre stato un tema molto divisivo. E queste divisioni non sono mai state sanate”.

“La separazione delle carriere è un tema decisivo nella violentissima dialettica tra magistratura e mondo politico degli ultimi trent’anni e se verrà confermata dal referendum – come io credo avverrà – segnerà una rivincita della politica. Sulla composizione del Csm, che costruisce delle gerarchie e dei percorsi che poi si riverberano anche sulle sue decisioni, il meccanismo di sorteggio farà venire meno i voti pilotati e tutti i motivi per cui un magistrato debba necessariamente trovare consenso o sentirsi riconoscente nei confronti di un suo collega”.

“Ursula von der Leyen, con lo scopo innanzitutto di conservare il preziosissimo posto di grande potere, ha cominciato a criticare la stagione precedente, di cui però lei è stata il massimo interprete, sostenuta da un raggruppamento politico che andava dal centro alla sinistra. Invece di farci la lezioncina, von der Leyen potrebbe dire semplicemente due semplici parole, ‘ho sbagliato’, che non mi sembra abbia mai pronunciato. E allora tutto diventa un po’ stucchevole e opportunistico”.


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