Trump fa la pace, Albanese nel panico: carriera finita
Giovanni Sallusti · 14 Ottobre 2025
Cari ascoltatori, Francesca Albanese non ci vuole stare, è disperata: se la stava giocando con Landini per la palma di guru della sinistra-baraccone ed era perfino in vantaggio, era in tivù un giorno sì e l’altro pure con il plauso delle anime belle. E che succede? Che l’orco puzzone reazionario Donald Trump le apparecchia la pace in Medio Oriente, firmata perfino da Hamas e festeggiata in strada anche dai civili palestinesi.
Appena annunciato, Francesca Albanese aveva stroncato il piano di pace, certa del suo fallimento, perché pensava alla sua carriera in via di costruzione. A “Di martedì” aveva detto: “non è un progetto di pace, si sostituirebbe l’occupazione israeliana con l’occupazione israelo-statunitense”. Aveva letto male, perché il piano prevede il coinvolgimento di un vasto fronte arabo-musulmano, e per la ricostruzione di Gaza i maggiori investitori saranno le petro-monarchie sunnite del Golfo (parole del vicepresidente J.D. Vance), fra cui l’Arabia Saudita, che è il Paese che custodisce i luoghi sacri dell’Islam.
La deriva più dadaista della dottoressa Albanese si è manifestata a “Quarta Repubblica”: l’inviata del programma di Nicola Porro ha raggiunto la pasionaria pro-pal alla marcia della pace di Assisi, nella quale si invocava quel che Trump già stava firmando a Sharm El Sheikh. La giornalista le ha chiesto che effetto le facessero le immagini dei palestinesi in festa: lei per prima cosa ha corretto con “dei sopravvissuti al genocidio”, perché la parola va ripetuta, anche se c’è stato un massacro di civili palestinesi, non un genocidio, e da addebitare anzitutto all’utilizzo che ne faceva Hamas. Poi, la genialata: “Non è festa, è fatica che si scarica”, come se avessero fatto una corsa e stessero decomprimendo. E stava parlando delle persone che dovrebbero essere in cima alle sue preoccupazioni, cioè i gazawi devastati da una guerra; ci si sarebbe aspettati che si fosse subito fiondata da loro a festeggiare e ad abbracciarli. Invece no, tutto quel che le è uscito è che non festeggiano, è fatica che si scarica.
Capite allora che non ce la fanno proprio: lorsignori rifiutano che Donald Trump abbia realizzato quella pace che finché restava retorica era la garanzia delle loro carriere, e che l’orco puzzone lo abbia fatto con gli strumenti della realtà, cioè la forza, le leve pressorie commerciali, lo schema del deal. Non ci vogliono proprio stare.