“Parlando liberaMente” con Francesco Giubilei: A sinistra ormai sono tutte teste di Gaza
Giovanni Sallusti · 4 Ottobre 2025
Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute della vicenda della Global Sumud Flotilla e della guerra israelo-palestinese con Francesco Giubilei, editore, presidente della Fondazione Tatarella e firma de Il Giornale.
“La Flotilla ha rappresentato una finta missione umanitaria, seppur spacciata come tale all’inizio, raccogliendo peraltro i fondi anche attraverso un crowdfunding di cittadini: alcuni consapevoli del predestinato fallimento, altri no. Del resto Gaza è una zona di guerra, quindi l’arrivo di navi civili viene ovviamente impedito. Poi, con il passare di giorni, si è rivelata essere una missione politica, come ha ammesso candidamente la loro portavoce alla tv. Se uno rifiuta gli appelli di Sergio Mattarella, della Chiesa cattolica e del Patriarcato latino di Gerusalemme e poi cerca di sfondare il blocco navale di Israele, è evidente che la sua finalità vera non è consegnare cibo”.
“Esistono elementi concreti che collegano vari partecipanti e promotori della Freedom Flotilla con Hamas. La risposta arriva da due documenti rinvenuti dall’esercito israeliano proprio a Gaza, in cui emerge come l’amministratore delegato di una società spagnola, che è proprietaria delle navi, appartiene a un’associazione di palestinesi all’estero direttamente affiliata con Hamas. Senza contare che esistono altri rapporti molto strani con delle ong islamiste che hanno sede in Malesia. Quindi che ci sia una volontà da parte di Hamas di utilizzare questa operazione con finalità politiche mi sembra abbastanza acclarato”.
“Solo in Italia la missione della Flotilla è stata mediaticamente gonfiata e caricata di una valenza che poi effettivamente non aveva, perché si sapeva già dall’inizio che non sarebbe andata a buon fine. Gaza è stata utilizzata per creare un problema al governo italiano e come scusa per scioperare, per occupare le università, per fare il weekend lungo: in realtà, a molte di queste persone la causa palestinese interessa fino a un certo punto”.
“Vedo la sinistra italiana in grande crisi d’identità: ha perso i suoi punti di riferimento storici, ha perso il suo elettorato, la classe operaia non la vota più. Quindi per cercare di sopperire cerca di mutare il suo dna, di trovare cause che possano essere unitarie, per quanto strumentali. Guardiamo a quello che è accaduto nell’elezione delle Marche: il giorno prima delle elezioni, l’ultimo messaggio di Matteo Ricci è stato che voleva riconoscere lo Stato di Palestina. Ma un cittadino marchigiano vuole semmai avere investimenti sulle infrastrutture, sulla sanità, qualcosa che ha a che fare con il suo territorio. Un altro evento emblematico che dovrebbe far aprire gli occhi alla sinistra è il caso di Reggio Emilia: il sindaco del Pd è stato umiliato da Francesca Albanese perché aveva ricordato gli ostaggi in mano ad Hamas, dopo avere tra l’altro utilizzato la parola ‘genocidio’. Il primo cittadino è stato fischiato e contestato e l’Albanese glielo ‘perdona’, come se avesse detto chissà che cosa. È la fotografia di una sudditanza culturale”.
“Sul piano di pace proposto da Donald Trump la situazione è schizofrenica. C’è un progetto approvato da otto Paesi arabi, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e da altre nazioni anche governate dalla sinistra. Persino Hamas dice che ci sta riflettendo. Gli unici che non lo approvano – oltre ai partiti della destra israeliana – sono l’Iran, la Jihad islamica e la sinistra italiana, che non ha neanche il coraggio politico di assumere questa decisione e, al momento di votare in Parlamento, si è astenuta. Questo ci fa capire il livello di radicalizzazione della sinistra italiana. E a me preoccupa il fatto che stanno soffiando sul fuoco, con episodi come l’occupazione violenta delle università, le ferrovie bloccate e le aggressioni (per ora) verbali. Qui si ritorna al tema storico dei cattivi maestri per cui, prima o poi, potrebbe succedere qualcosa di violento nelle nostre città. Se intoni il coro ‘Uccidere uno sionista non è reato’, vuol dire che stai pensando all’eliminazione fisica dell’avversario, come negli anni di piombo”.
“Il cortocircuito è totale. Pensate a Nicola Fratoianni, leader di partito che ha costruito la sua carriera politica sul pacifismo. Ha sempre sostenuto la sua contrarietà all’aumento dell’investimento per la difesa, poi però è contento dell’arrivo della fregata della Marina Militare per scortare la Flotilla, e ha anche invitato il nostro esercito a sfondare il blocco navale di Israele. Ormai si parla di questo tema con una leggerezza incredibile”.
“Le follie e le contraddizioni del politicamente corretto fanno ormai sì che i cosiddetti progressisti vadano a braccetto dei peggiori oscurantisti contemporanei. Sono esilaranti le manifestazioni delle comunità Lgbt, che nelle nostre università inneggiano a Gaza senza sapere che là gli omosessuali nel migliore dei casi vengono discriminati e nel peggiore dei casi vengono uccisi. Israele avrà tutti i limiti possibili, però basta andare a Tel Aviv per vedere che è una delle città in cui ci sono le maggiori comunità Lgbt e una grande libertà per le minoranze”.