Da Mattioli a Longanesi, gli svegliatori della borghesia

· 10 Agosto 2025


In questa puntata di “Alta tiratura”, Alessandro Gnocchi parte dalla figura di Raffaele Mattioli, intellettuale e banchiere di cui è appena uscita una biografia (Elena Grazioli, “Raffaele Mattioli – Oltre la banca”, Luni editrice, 352 pagine, 24 euro), per raccontare la stagione in cui ha avuto un ruolo centrale, anche se noto a pochi: attraverso la sua vita e la sua azione culturale, spiega Gnocchi, “possiamo misurare la distanza tra un certo tipo di borghesia del passato, estremamente colta e che capiva l’importanza delle scienze umanistiche, e la borghesia di oggi che invece se ne frega altamente”.

Mattioli è uno che ha partecipato all’impresa di Fiume (senza essere legionario, piuttosto una specie di ufficio stampa) ma è anche stato amministratore delegato della Banca commerciale, una delle più potenti dell’epoca, a inizio degli anni Trenta. Era noto che non amasse il regime, però diede ottimi consigli a Mussolini, il quale ebbe l’intelligenza di ascoltarli anche se implicavano che si dovesse rimangiare alcuni atti politici. In particolare fu importante il contributo di Mattioli alla soluzione della crisi economica che seguì la guerra d’Etiopia nel 1935. Mussolini voleva rivalersi sulle banche straniere che avevano proprietà in Italia e fu Mattioli a fargli capire che avrebbe innescato una guerra finanziaria dalla quale l’Italia avrebbe potuto solo ricevere danno. Nella sua banca trovarono lavoro Ugo La Malfa, Giorgio Malagodi e altri antifascisti, fino a che furono promulgate le leggi razziali e a quel punto la cesura di Mattioli dal regime fu netta: si adoperò per spedire i suoi collaboratori ebrei in filiali straniere o di altre banche in Sudamerica, dove non rischiavano di essere arrestati.

È stato amico e allievo di Benedetto Croce, di cui è stato mecenate, comprò la casa editrice Ricciardi che ne pubblicava i libri, salvò riviste come La Cultura e Il Frontespizio, promosse nuove collane, pubblicò autori come Eugenio Garin e Gianfranco Contini. Aprì case editrici raffinate come la “Gregoriana” e fu protagonista del salvataggio della Pietà Rondanini e di molti libri preziosi durante l’alluvione di Firenze.

Il Mattioli personaggio è la figura di un grande borghese, con delle sue stranezze: per ad esempio, il tragitto di 200 metri fra il suo ufficio davanti alla scala di Milano e la sua abitazione in angolo con via Manzoni, lo percorreva sempre in automobile, andata e ritorno. Era terrorizzato dalle correnti d’aria, per cui il suo ufficio era famoso per essere costantemente a 40 gradi. La sera non tornava a casa subito, ma faceva salotto, da lui passavano personalità come Carlo Emilio Gadda, Curzio Malaparte, Leo Longanesi, Sergio Solmi.

La biografia di Elena Grazioli rileva anche un altro aspetto: Mattioli a un certo punto iniziò a essere molto critico, a tirare sciabolate che rimasero nell’ambiente ristretto degli amici: per esempio sosteneva che la finanziarizzazione del capitalismo sarebbe stata una disgrazia, soprattutto in Italia, dove la borghesia non è capace di giocare con i soldi, di produrre soldi con i soldi. Vede una borghesia in declino, pigra, i figli dei grandi borghesi che hanno costruito le grandi industrie non sono in grado di portarle avanti, vogliono solo i soldi, ma non sanno neanche come spenderli.

Scrisse Leo Longanesi, che di Mattioli era amico: “Il capitale ha perduto forza, è soltanto un peso da difendere, non seleziona, non raffina. Chi possiede un miliardo, possiede 999 milioni di più di chi ne possiede uno soltanto: una differenza di zeri fra gente che vale zero. I figli, i nipoti, i pronipoti di quei vecchi borghesi non chiedono di rimanere borghesi, non vogliono più esserlo, non vogliono più sembrarlo, essi ripudiano la storia, la storia pesa loro, li annoia, li copre di polvere, la storia attira l’agente delle tasse, la storia impone dei doveri, la storia chiede anche di morire e al borghese d’oggi la sola cosa che gli sta a cuore è di vivere, di vivere coi quattrini, anche a costo di perderli a poco a poco, ma lentamente, dolcemente”. È un terribile ritratto della borghesia, che Longanesi ha scritto tra gli anni ’50 e gli anni ’60 che, dice Gnocchi, si attaglia bene anche all’Italia di oggi.

Questa biografia di Mattioli è una storia culturale e anche una storia economica: chi separa l’economia, la scienza e la cultura umanistica, finisce sempre con andare a sbattere contro un muro. Non a caso lui stesso diceva: “Non vedo alcuna differenza tra una poesia e un bilancio, nella loro espressione migliore sono ciascuno un’opera d’arte e io mi avvicino entrambi nello stesso modo. Quando leggo una poesia e un bilancio cerco di trovare il centro di gravità, il punto focale: leggo e giudico come sono sistemate le cose intorno al centro – c’è un equilibrio naturale – qual è il peso delle varie componenti, se le fondamenta reggeranno. Mi pongo queste domande sia quando studio un conto di profitti e perdite, sia quando leggo un sonetto di Shakespeare”. 


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