Elly &C., gli ultimi giapponesi anti-Trump

· 31 Luglio 2025


Cari ascoltatori, abbiamo in casa gli ultimi giapponesi dell’anti-trumpismo, cioè gli esponenti dell’illuminatissimo campolargo. Li ha messi in fila Maurizio Belpietro nel suo editoriale su La Verità: Ursula von der Leyen, con la relativa eurocrazia, era partita per suonarle a Trump ed è tornata suonata, ha capito che non aveva senso, anzi sarebbe stato enormemente controproducente imbastire una guerra tariffaria contro gli Stati Uniti. Così ha firmato un accordo con cui ha accettato le premesse e la sostanza della politica commerciale trumpiana. E chi è rimasto, mestamente e da solo, ancora convinto di poter combattere e addirittura vincere un braccio di ferro con gli Stati Uniti? La sinistra italiana.

Belpietro nel suo articolo cita Giuseppe Conte, Elly Schlein e poi Dario Nardella e Nicola Zingaretti, che si sono segnalati per la loro meditata, quasi in odore di Nobel, teoria macroeconomica: per loro sarebbe assoluto interesse dei popoli europei, e di quello italiano, muovere guerra, cioè reagire al 15% di dazi trattato con Trump, con altrettante tariffe da parte europea. Gli illuminati neanche capiscono che si innescherebbe un’escalation le cui prime vittime sarebbero le nostre imprese, almeno quelle sopravvissute prima ai governi di lorsignori in Italia e poi all’eurocrazia in generale. Non vedono che il nocciolo è lo squilibrio commerciale che Trump vuole riequilibrare, un problema geopolitico tra le due parti dell’Alleanza Atlantica e dell’Occidente: dare battaglia vorrebbe dire dare il via a un conflitto dentro il nostro mondo. Per non dire del tema della difesa: senza la presenza degli Stati Uniti, chi ci difenderà dalle minacce russe, degli autocrati, delle canaglie globali varie? Loro?

Sfidare gli Usa è un’idea demenziale anche perché noi siamo gli esportatori, gli Stati Uniti sono i nostri clienti: non serve neppure dirlo, che fare guerra ai propri clienti è una gigantesca cazzata. Anche perché si andrebbero a colpire le big tech, gente come Apple, Google, Microsoft, Amazon. Immaginate l’harakiri, la ricaduta negativa che verrebbe innescata: maggiori costi per contribuenti, cittadini, famiglie, imprese europee. Se poi le cose peggiorassero, quei giganti potrebbero interrompere la diffusione gli aggiornamenti o divulgarli in ritardo, perfino tagliare fuori l’Europa dalle connessioni globali.

È ciò che si rischia quando ci si dedica alla normazione compulsiva, alla costruzione di un moloch burocratico capillare e pervasivo, invece di concentrarsi a liberare le energie della ricerca, a lasciare campo aperto all’innovazione. Mentre loro costruivano un sistema di connessione globale, a Bruxelles si dedicavano a normare, burocratizzare e tassare. Per questo le grandi aziende di tecnologia sono tutte al di là dell’Atlantico: connessione globale, innovazione, intelligenza artificiale, fino a tutto quel che facciamo con uno smartphone ogni giorno sono in mano a loro. 

E adesso i genii di casa nostra, che hanno sempre appoggiato la deriva da leviatano dell’Unione, si svegliano e vogliono fare la guerra alle grandi aziende americane. Per fortuna sono gli ultimi giapponesi dell’anti-trumpismo. Lasciamoli pure nella loro giungla a sguazzare nelle loro convinzioni. L’importante è che non tocchino nessuna leva di governo.


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