Il “democratico” Gualtieri censura la Lega e scappa

· 30 Luglio 2025


Cari ascoltatori, avete notato che il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, storico uomo del Pd, finora non ha emesso una sillaba sul fatto che nella sua città, capitale della Repubblica Italiana, viene violato l’Articolo 21, tassello fondativo della Costituzione che definisce la libertà di pensiero? Soprattutto perché è stato violato proprio dalla sua amministrazione, dai suoi uffici, dai suoi burocrati. Qualunque codicillo o turba ideologica sia stato l’appiglio, a Roma sta avvenendo qualcosa su cui il sindaco non può stare zitto. D’altra parte, Gualtieri è poco a suo agio già solo con le buche e con la raccolta della spazzatura, figurarsi sui grandi temi valoriali.

Siamo davanti a una cosa grave, perché la questione dei manifesti della Lega strappati sta strappando anche l’abc del tessuto democratico. La Lega, cosa normale in una democrazia, ha fatto una campagna politica rivendicando i termini del decreto sicurezza da lei voluto, provvedimento ratificato dal governo. Questi manifesti si felicitavano del fatto che da ora se qualcuno blocca una strada per ore, se qualcuno occupa abusivamente una casa altrui, se qualcuno scippa in metropolitana, verrà arrestato.

Si tratta di fatti addirittura ovvi, e invece hanno dato scandalo. Fin qui va benissimo, ognuno può avere il buon tempo di scandalizzarsi per quel che vuole; il punto è che hanno anche prodotto questa azione sconcertante da parte di qualche ufficio del Comune: con una logica parasovietica annidata nei comma sulla correttezza della pubblicità – una logica che infetta anche in generale i gangli dell’amministrazione – i manifesti sono stati fatti togliere, con un atto d’imperio che in pratica ha stracciato l’Articolo 21. Perché va sottolineato che la libertà di pensiero vale soprattutto se viene riconosciuta a chi non la pensa come te, altrimenti avremmo un Articolo 21 che sancisce la libertà di pensarla come il Pd: non esattamente proprio di una democrazia, anzi tipico di quel che c’era prima e che i compagni scomodano sempre con la loro retorica antifascista.

Ma al di là delle incoerenze storiche, siamo di fronte a un’urgenza che afferisce alla cronaca: il sindaco di Roma dica qualcosa, anzi ripari questo strappo nel tessuto democratico della Capitale e del Paese. Altrimenti renderà automatico, ufficiale, che la sostanza della democrazia vale per alcuni, e per altri no.


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