La riforma colpo storico alla magistratocrazia
Giovanni Sallusti · 23 Luglio 2025
Cari ascoltatori, il centrodestra ieri ha scelto di battere una via che raramente la politica percorre, la via della fedeltà a una missione storica. E questa missione è la riforma della giustizia, un motivo cardine, originario per cui esiste il centrodestra. Per questo ieri era giusto dedicare questa prima tranche della riforma a Silvio Berlusconi.
Ieri è stato votato in Senato un testo già approvato alla Camera, che in quanto riforma costituzionale richiede una doppia lettura, che prevede la separazione delle carriere dei magistrati tra magistratura inquirente e magistratura giudicante. Cioè lo spartiacque tra un Paese sotto magistratocrazia e un Paese sotto democrazia liberale. Fino a oggi, infatti, una delle strutture ataviche della giustizia italiana era la contiguità, l’intercambiabilità, la frequentazione anche personale fra pm e e magistrati giudicanti, e a volte in un processo si faceva fatica a percepire la distinzione fra i ruoli.
In un sistema sano ci sono due parti, la pubblica accusa e la difesa dell’imputato, che si confrontano in parità; più una terza parte, l’arbitro, i giudici. Con la riforma vengono ripristinati questi ruoli e viene azzerata la contaminazione illiberale tra accusa e organo giudicante. Anche i Csm, i massimi organi di riferimento istituzionali, saranno due distinti.
Un altro punto importante è lo smantellamento del cancro correntizio (quello diffusamente spiegato da Luca Palamara in più libri) che divorava l’attività e la trasparenza dell’ordine giudiziario. Già un autogoverno della magistratura è una cosa bizzarra in una democrazia liberale, dove ogni potere o ordine deve essere sottoposto al controllo di un altro potere; ma, oltre che sbagliato, questo modello era infettato dalla spartizione tra correnti, per cui si perdeva qualunque valutazione di merito e l’azione della magistratura dipendeva alle appartenenze politiche. Il che significava influenze sulle sentenze, sui procedimenti, sulle vite delle persone. Ebbene, ci sarà il sorteggio, e questo è un colpo notevole alla magistratocrazia.
Questa riforma rimedia a un guasto trentennale, perché in Italia, a dispetto della narrazione del mainstream, da decenni è quotidianamente smentito il principio supremo della separazione dei poteri battezzato da filosofi come John Locke e Montesquieu, a causa del deragliamento dell’ordine giudiziario fuori dai suoi confini e alla pesante ipoteca che ha messo sul potere politico.
Tutto questo avviene dal 1992, quando cominciammo a vedere Procure come quella di Milano agire e tenere conferenze stampa come un partito, e l’eroe di Mani Pulite dire “io quello lo sfascio”, sul leader del centrodestra Silvio Berlusconi. Oggi stiamo vedendo il surreale ricorso direttamente in Cassazione contro l’assoluzione di Matteo Salvini per il caso Open Arms – se non è accanimento della magistratocrazia questo – e il tentativo di smantellare per mano giudiziaria le politiche del governo per arginare l’immigrazione clandestina.
La riforma della giustizia mette un argine a questa grande stortura; e il centrodestra, con tutti i suoi difetti, mostra di essere sintonizzato con la dinamica della storia. Chi invece è sempre in ritardo sulla storia è il Pd, ed è talmente in ritardo che la sua difesa a oltranza della magistratocrazia gli si sta ritorcendo contro, dal caso Sala a Milano all’indagine sul candidato governatore delle Marche Matteo Ricci. Nel merito giudiziario queste vicende ci interessano poco: è più importante registrare che su una questione vitale della vita democratica la sinistra è masochisticamente fuori dalla storia.