Brindisi: La condanna di Stasi è un macigno sulle coscienze

· 12 Luglio 2025


Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute del caso Garlasco con Giuseppe Brindisi, giornalista Mediaset, conduttore di Zona Bianca, vice direttore di Videonews. Nella chiacchierata vengono discussi molti dei dettagli che mettono in dubbio che Alberto Stasi, condannato a 16 anni, sia l’assassino di Chiara Poggi. Eccone alcuni.

“Dico soltanto che un cittadino che è stato assolto due volte, l’ha ribadito anche il ministro della Giustizia Nordio proprio con noi a “Zona bianca”, venga condannato in Cassazione mentre il Procuratore generale nella requisitoria aveva chiesto il proscioglimento… qui in ballo ci sono i principi del nostro ordinamento giudiziario”.

“Negli Stati Uniti ci sono dei cardini dell’ordinamento giudiziario per cui se un imputato viene assolto, l’appello può essere fatto soltanto in casi di errori di forma o in presenza di nuove prove inconfutabili. Se un imputato è assolto, il processo si chiude. Come ha detto anche il primo giudice del processo Stasi – e non è soltanto una sua idea – è meglio avere un colpevole fuori che un innocente dentro”.

“Molte delle cosiddette fake news, io continuo a dire presunte, le ha diffuse non la Procura di Pavia, ma Massimo Lovati, l’avvocato di Andrea Sempio: le cose di cui si è parlato in questi mesi, dal santuario della Bozzola, delle sue suggestioni, dalla presunta pedofilia, dalla presunta pornografia, di Marco Poggi che probabilmente non era in montagna con la famiglia… Poi Lovati ha sganciato questa bomba che all’inizio ci ha lasciati tutti sgomenti: alle 11.30 di lunedì 13 agosto, a Vigevano, tra le bancarelle della festa del paese si parlava di una ragazza uccisa a Garlasco. Tenuto conto che secondo le verità processuali di cui tanto si parla Alberto Stasi ha scoperto Chiara in una pozza di sangue nella sua villetta intorno alle 13.40, c’è qualcosa che non va, le domande sono tante. Perché lo dice ora?”.

“E come è possibile che a Vigevano alle 11:30 tra le bancarelle si parlasse di una cosa che era accaduta a poca distanza ma di cui nessuno poteva conoscere l’esistenza se non gli stessi autori? Chi poteva aver diffuso questa notizia, se non gli stessi autori del delitto o lo stesso autore del delitto? A quel punto Stasi non c’è più, perché Stasi viene incastrato da una forchetta di tempo di 23 minuti, dopodiché dalle 09:35 Stasi è sicuramente davanti al suo computer prima a guardare materiale di un certo tipo, chiamiamolo hot, e poi a scrivere la tesi, quindi cominciano a sorgere ulteriori interrogativi”.

“Lovati dice che il 13 agosto è il giorno del suo compleanno ed è la festa del paese, quindi ha un ricordo abbastanza chiaro, non scolorito dal tempo. C’è un problema di fondo: nel momento in cui Lovati diventa testimone, perché a questo punto immagino che la Procura chieda conto di queste dichiarazioni, può continuare a essere l’avvocato di Sempio?”.

“Siccome Lovati non è che non conosca il peso delle sue dichiarazioni, si aprono tutta una serie di scenari, che nelle prossime settimane andremo ad approfondire. Per esempio c’è un altro aspetto: Sempio dice che quel 13 agosto Vigevano era deserta, e lo dice anche sua mamma. Lo scenario che invece Lovati ci pone è che se c’era la festa del paese tanto deserte le strade non potevano essere”.

“Alla fine l’assassino sembra un killer alla Quentin Tarantino. Uno che sta lì con un cronometro nella testa, arriva da casa sua con la bicicletta, entra, prima parla con Chiara, poi comincia l’aggressione, poi si ferma sul divano (ci sono le gocce di sangue), poi viene fuori che beve anche un Estathè, poi finisce di compiere il delitto, porta giù il cadavere, va a lavarsi nel bagno, pulisce tutto, anche le tracce di sangue che non esistono, pulisce il dispenser del sapone ma non completamente, poi ripulisce alla bell’e meglio la scena del crimine, porta via dei teli insanguinati, risale con l’arma sulla sua bici, poi torna a casa, si libera dell’arma, ripulisce tutto, le scarpe, e accende il computer. Dai, ragazzi…”.

“Io ho intervistato a Zona Bianca uno dei consiglieri laici del Consiglio superiore della magistratura, che ha detto ‘Fabio Napoleone è il mio ideale di magistrato, dovrebbe essere l’ideale di magistrato di tutti quanti noi. Uno che lavora nell’ombra, che non va a fare interviste in televisione, che non fa comunicati non strettamente inerenti’. Adesso c’è chi dice: però Napoleone dovrebbe dire… Che cosa dovrebbe dire? Che cosa ha trovato nel canale a Tromello? Per quale motivo dovrebbe dirlo? Tra l’altro sarebbe una cosa contro eventuali indagati, non sarebbe a loro tutela”.

“Sul pc di Stasi è stato fatto di tutto. Adesso vogliamo dire con colpa e non con dolo, ma il pc era stato talmente manomesso che a un certo punto la difesa di Stasi ha detto lasciamolo stare, perché a quel punto erano stati scaricati dei file temporanei, che poi riconducono alla successione delle foto pedo-pornografiche, che non aveva scaricato Stasi. Fino a quando i periti informatici del gip, che poi assolve la prima volta Stasi, dicono che hanno trovato l’alibi di Stasi: aveva lavorato al computer, non aveva fatto quello che gli si imputava di aver fatto, e quindi riscrivono la storia. Ci sono voluti i periti per chiarire quello che invece sembrava una delle cose che inchiodavano Alberto Stasi alle proprie responsabilità”.

Nella famosa sentenza definitiva della Cassazione, in cui, nonostante l’accusa chiedesse la soluzione di Stasi, venne emessa la condanna, c’è scritto che ‘l’andamento dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi fu senz’altro non limpido, caratterizzato anche da errori e superficialità’. Non è sufficiente questo a introdurre il ragionevole dubbio? “Chiunque abbia letto le carte non può non avere il ragionevole dubbio che Alberto Stasi sia stato condannato ingiustamente. Non escludo, in linea puramente teorica, che sia stato Stasi ad ammazzare Chiara, ma per quelle che sono le risultanze dell’inchiesta e l’andamento del processo, Alberto Stasi non andava condannato. Questo è un macigno sulla coscienza collettiva”.


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