Compagni ipocriti: solo loro possono non votare

· 6 Giugno 2025


Cari ascoltatori, notiamo che nel fronte progressista sono tutti in fregola perché credono nella spallata al governo tramite il referendum: segno di esaurimento dell’ultimo residuo di lucidità a quelle latitudini, perché la spallata è inverosimile, è giusto un sogno, la proiezione di un desiderio – legittimo – delle opposizioni, neanche mascherato dei giornaloni che danno loro sponda.

Oggi La Stampa ci dona una paginata di intervistona a Elly Schlein per sostenere questo clima artificiale, ma la verità è che non solo tutti i sondaggi indicano una forbice consistente (e anomala a metà legislatura) a favore del centrodestra, ma il centrodestra stesso mostra di tenere la barra, al netto degli errori e delle imperfezioni dell’attività di governo. Anzi, è in un momento anche più armonico, vedi per esempio l’importantissima apertura di Fratelli d’Italia sul terzo mandato per i governatori.

La bolla che agita il referendum in parallelo criminalizza la possibilità di non votare, che in realtà è banalmente prevista dall’architettura della nostra democrazia liberale e dal dettato costituzionale. Ma Elly fa finta di niente e nell’intervista – così come Giuseppe Conte e tutta la grancassa intellettuale di riferimento – grida quanto sia una vergogna che il centrodestra dia una normale indicazione di voto in direzione dell’astensione. Ci è venuto il dubbio, allora, che nell’euforia lorsignori abbiano dimenticato la loro stessa storia: li aiutiamo con qualche esempio eclatante che li riguarda.

Nel 2003 la sinistra più radicale, Rifondazione comunista in primis, promuove un referendum per estendere l’articolo 18, quello che sostanzialmente rende impossibili i licenziamenti anche alle piccole imprese. L’allora segretario dei Democratici di sinistra Piero Fassino dichiarò: “il referendum è dannoso, la cosa giusta è renderlo inutile non partecipando al voto”. Sulla stessa linea si espose perfino Sergio Cofferati, e tutti i Ds fecero campagna perché non si andasse a votare, una legittima opzione, come peraltro ha ricordato ieri la premier Giorgia Meloni mostrando un volantino dei Ds dell’epoca.

Nel 2009 viene promosso referendum sul sistema elettorale, ed è il turno di Rifondazione comunista e Sinistra e libertà dichiarare l’obiettivo di far fallire il quorum e invitare i cittadini a non ritirare la scheda. La stessa cosa che alla premier oggi ha fruttato, proprio da quella parte, il paragone con qualcosa di simile a Mussolini.

Nel 2016 arriva il referendum sulle trivelle, e il presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi, rullo di tamburi, si esprime così: “La posizione dell’astensione a un referendum che ha il quorum è sacrosanta e legittima”. Di più: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un’intervista, dà la seguente lezione in punta di formalismo costituzionale: “Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria, è un modo legittimo di esprimersi”.

E per chiudere, nel 2022 i referendum sulla giustizia sostenuti in primis dalla Lega e dai Radicali: tutto il bel mondo della sinistra, giustizialista e collaterale alle Procure, invita all’astensione. Repubblica, in un editoriale di Francesco Bei, “Referendum giustizia, perché diciamo no”, scrive così: “Riteniamo che su tutti e 5 i quesiti sia opportuno votare no, oppure non recarsi al voto per non consentire il raggiungimento del quorum (scelte entrambe legittime)”.

Ecco, ci sembra non serva più altro per mostrare quanto sia intollerabile il livello di ipocrisia di questi giorni: voltatevi indietro, guardate la vostra storia degli ultimi 20 anni e, per favore, tacete.


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