Zurlo: Leone? Una spettacolare virata della Chiesa
Giovanni Sallusti · 10 Maggio 2025
Questa settimana a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute con l’editorialista e inviato del Giornale Stefano Zurlo delle dinamiche che hanno portato all’elezione di Papa Leone XIV e delle prospettive della Chiesa con questo pontificato.
“Leone XIV si inserisce in una grande tradizione della Chiesa: Leone XIII, un colosso nella storia della Chiesa, scrisse l’enciclica Rerum novarum, che è l’inizio della dottrina sociale della Chiesa, e che poi tanta linfa ha dato anche alla politica, alla società, ai partiti italiani del dopoguerra fino alla Lega e fino a Forza Italia”.
“Quando Parolin, in odore di papato, confessò in un messaggio a un amico di infanzia di essere ‘molto turbato’, probabilmente aveva avuto un presagio, perché da quel che trapelava dalla Sistina c’era la sensazione che le cose stessero cambiando. D’altra parte, aveva l’handicap del durissimo accordo con Pechino, che molti cardinali asiatici non hanno digerito, primo fra questi il cardinale Zen di Hong Kong, che ha 93 anni ed è libero su cauzione dopo essere finito in carcere, se non ‘a causa’ di questo accordo, perlomeno ‘nonostante’ l’accordo. Inoltre Parolin ha un profilo di grande diplomatico e di uomo di grandissimo equilibrio, ma forse non è molto empatico, è meno comunicativo”.
“Vedremo se Prevost sarà un uomo della mediazione, del dialogo o, come qualcuno vede in negativo, del compromesso. Io noto che uno che da giovane diventa sacerdote a Chicago e poi se ne va in Perù, vuol dire che ha un sogno, un ideale di vita. E poi a ricostruire la sua vita sembra di leggere due o tre biografie insieme, con un sacco di incarichi a livelli altissimi fra gli agostiniani (un dato fondamentale della sua formazione è la spiritualità che si rifà ad Agostino) e una caterva di incarichi in Perù, come se potesse stare contemporaneamente negli Stati Uniti e in Sud America. Quando Francesco lo scopre, gli assegna un’altra selva di incarichi, compreso quello di Prefetto per il Dicastero dei Vescovi; infine la nomina a cardinale nel 2023. È stato uno degli ultimi frutti di Francesco: e questo fa capire che Bergoglio, criticato da molti per il suo ‘disordine creativo’, aveva anche individuato energie fresche, punti di vista inediti dentro la Chiesa”.
“Credo che il cardinale Timothy Dolan e gli americani abbiano giocato un bel ruolo: hanno catalizzato cardinali del nord, del centro e del sud America giocando su questa veste duplice, assolutamente unica di Prevost, di nord americano con ulteriori radici in Perù e in America Latina, che parla spagnolo prima ancora che inglese. Parolin probabilmente era partito con un pacchetto di voti molto consistente, ma quando tu non sfondi, a un certo punto si crea l’alternativa. E all’ultimo la Chiesa ha scelto con una virata spettacolare. Esattamente come successe nel 2013, quando Scola aveva già un piede dentro da Papa e poi all’ultimo è saltato fuori Bergoglio”.
“È molto interessante che il nuovo Papa sia americano nel momento in cui a Washington c’è Donald Trump e nel momento in cui, altra sottigliezza, è vicepresidente G.D. Vance, che si è convertito al cattolicesimo proprio su Agostino, e comunque si è beccato delle belle reprimende da Prevost: sulla questione dei migranti sono entrati nettamente in rotta di collisione”.
“Prevost era iscritto alle liste elettorali del partito repubblicano, questa cosa è molto curiosa; ma quando parliamo di un Papa di mediazione dobbiamo tenere in conto che è un uomo che è andato in Perù, non è stato lì a fare i convegni col coffee break, come le correnti democristiane degli anni ’70 e ’80. È uno che si è mosso, si è sporcato le mani nella nella terra, nella povertà, e allo stesso tempo è stato ai vertici apicali degli agostiniani americani, da una parte ai grattacieli di Chicago, dall’altra le favela del Perù”.
“Dopo questa sbornia di Conclave, abbiamo scoperto che la Chiesa non è fatta solo da da quattro vecchiette che vanno ancora a Messa, ma è composta da comunità che sono addirittura in Corea, in Giappone, nelle Filippine, a Timor Est, a Roma è arrivato un cardinale non proprio dell’Ucraina, ma della composizione del mondo ucraino, che sta in realtà a Melbourne, in Australia, che ha 45 anni, il più giovane in un Conclave, 45 anni”.
“La Cina gioca una partita tutta sua. Quel che viene deciso a Roma può influire, e adesso quel clima in qualche modo di dialogo che si era creato, molto criticato all’interno della Chiesa, dovrà essere rivisto, vedremo se ci sarà continuità o no. Di sicuro quell’accordo pone una sfilza di problemi. Ma non è una situazione nuova. Un prete della Russia cristiana mi raccontò di Papa Giovanni, il Papa Buono: mi disse, noi andavamo in Russia e rischiavamo di essere presi, qualcuno veniva anche fucilato, e intanto loro facevano gli accordi, si stringevano la mano. La realtà è sempre molto complessa: ai vertici si fanno degli accordi fondati sul realismo, e poi magari il povero prete o il missionario o il laico finisce in carcere o sparisce nel nulla, come succede in Cina”.
“È vero però che la Cina dovrà riflettere, perché ha l’economia in crisi, ha il problema dei dazi e deve confrontarsi con Washington. Giorgia Meloni può giocare una parte interessante: è già stata abile mediatrice con Trump e la von der Leyen, e adesso c’è quest’altra opportunità, il Papa è americano, sta a Roma e ha parlato in italiano. Vediamo se avrà un rapporto allo stesso livello di quello con Francesco, che era ottimo”.