La sottomissione colpisce i bambini. Ora la Chiesa parli
Giovanni Sallusti · 5 Maggio 2025
Cari ascoltatori, siamo arrivati alla sottomissione infantile, nel silenzio tombale dei laici ma anche dei cattolici, un silenzio profano ma anche sacro. Il quotidiano Libero ha pubblicato per primo una fotografia che ritrae i bambini di un asilo in visita nel centro islamico di Susegana, nel trevigiano, mentre pregano alla maniera islamica, inginocchiati verso la Mecca, guidati dall’imam locale. L’asilo parrocchiale Santa Maria delle Vittorie di Ponte di Priula, Comune di 5mila anime, aveva organizzato questa visita nel nome del multiculturalismo e del dialogo interreligioso. È un asilo paritario cattolico, eppure quell’immagine non può non essere definita di “sottomissione”, perché illustra esattamente il senso dell’opera di Michel Houllebecq. E questa ipocrisia va snidata.
Se un istituto scolastico, in questo caso di orientamento cattolico, prevede una visita in un centro islamico nel nome del dialogo e della conoscenza reciproca, siamo all’abc della convivenza civile. Ma è ben diverso far pregare dei bambini secondo il rito islamico, con la guida di un imam, e quindi facendo non dialogo, ma proselitismo sui bambini della nostra comunità, qualunque siano l’etnia e la confessione. Non è conoscenza reciproca, è indottrinamento religioso.
Vista con gli occhi di un papà italiano, europeo e occidentale, è inaccettabile. E sono inquietanti anche le dichiarazioni che la direttrice dell’Istituto Stefania Bazzo ha rilasciato al Corriere della Sera, rivendicando la “sensibilità della scuola, che è una scuola paritaria, parrocchiale a ispirazione cristiana, nei confronti della molteplicità culturale e religiosa”: cioè non solo dialogo, ma multiculturalismo.
Tutto questo si inserisce coerentemente nel percorso che ha segnato i dodici anni di pontificato di Papa Francesco, la questione del multiculturalismo, dell’inseguimento perenne al riconoscimento dell’altro anche in assenza di reciprocità, condizione che invece chiedeva Benedetto XVI per un dialogo interreligioso autentico e fecondo. Ricordiamo che Papa Francesco arrivò a redarguire i cattolici affinché non facessero proselitismo; e che durante il Sinodo sull’Amazzonia nel 2019, una delle principali operazioni di politica religiosa del suo pontificato, venne collocata nei giardini vaticani la statuetta raffigurante la Pachamama, la divinità incaica della madre terra. Il multiculturalismo inteso come edulcorazione dell’identità cristiana, nel nome di un dialogo tout court.
Quest’ottica perde di vista una questione non indifferente, che è spesso ricordata da Maghdi Cristiano Allam: nella preghiera che i musulmani recitano cinque volte al giorno diretti verso la Mecca, vengono dette le seguenti parole: “Credo che non c’è altro Dio al di fuori di Allah, che Maometto è il suo inviato; concedici la retta via, non la via di coloro nei cui confronti sei adirato, né la via di coloro che hanno negato”. I principali teologi islamici, spiega Allam, concordano sul fatto che le perifrasi, “coloro nei cui confronti sei adirato, coloro che ti hanno negato”, sono riferite agli ebrei e ai cristiani, le altre due grandi religioni monoteiste. Quindi, quei bambini del trevigiano sono stati portati a pregare in un luogo dove i musulmani condannano cinque volte al giorno gli ebrei e i cristiani: un fatto che cozza sia con il multiculturalismo sia con il dialogo.
Per questo crediamo auspicabile che dal Conclave esca un Pontefice che faccia del messaggio, dell’identità e della cultura cristiani la nuova stella polare della Chiesa post-Bergoglio. Ci serve un Papa che parli del Dio cristiano, che non è edulcorabile né interscambiabile, perché ci sono delle differenze di messaggio alla radice, quelle su cui insistette Benedetto XVI nel discorso di Ratisbona. Altrimenti, a furia di edulcorare e inseguire l’altro, finiremo con il perdere noi stessi, e perfino ad applaudire la sottomissione dei nostri figli.